Evento: Gioielli Fantasia. Sogni americani
16/04/2016 - 02/10/2016
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Data di inserimento: 01/04/2016 - 17:46
Luogo: Asti (AT) - Piemonte
Data di inizio: 16/04/2016
Data di fine 02/10/2016
Descrizione
Dal 16 aprile al 2 ottobre 2016 Palazzo Mazzetti (Corso Vittorio Alfieri 357, Asti) ospita la mostra ”Gioielli Fantasia. Sogni americani”: oltre 500 esemplari di Gioielli Fantasia provenienti dalla Collezione personale di Patrizia Sandretto Re Rebaudengo.
L’esposizione, promossa da Palazzo Mazzetti e Città di Asti, in collaborazione con la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, con il sostegno di Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, è realizzata con il patrocinio di Regione Piemonte e Provincia di Asti.
Collane, spille, orecchini e bracciali tracciano l’evoluzione della Costume Jewelry e raccontano una storia articolata e affascinante, dalle riproduzioni di gioielli classici alle creazioni pop degli anni '50 e '60, concepite ed elaborate dai più importanti designer, come Trifari, Marcel Boucher, Coro, De Rosa, Eisenberg, Miriam Haskell, Eugène Joseff, Kenneth J. Lane, Pennino, fino a Wendy Gell e Iradj Moini.
La storica dimora astigiana, scrigno di raffinate raccolte di intagli, tessuti antichi e ceramiche, si offre come luogo ideale per un’esposizione dedicata ad un settore particolare delle arti decorative come quello del “gioiello fantasia”.
Il percorso espositivo accompagna il visitatore alla riscoperta della produzione di costume jewelry, fenomeno socio-culturale nato negli Stati Uniti all’indomani della grande crisi del 1929-1939: con la drastica riduzione del mercato dei prodotti di lusso, la sperimentazione con materiali non preziosi diventa l’unica via di sopravvivenza per i gioiellieri, ma anche stimolo per la fantasia e per la messa a punto di nuove tecniche. Nascono ornamenti bellissimi e poco costosi che gli studi cinematografici di Hollywood non esitano ad adottare, facendoli diventare protagonisti della stagione d’oro del cinema americano. Sono gioielli molto grandi e vistosi, visibili durante le riprese e in grado di far risparmiare il denaro precedentemente speso per il noleggio di gioielli veri.
Nonostante l’utilizzo di pietre e leghe di costo contenuto, l’accuratezza delle finiture e il formato sorprendente sono il segno evidente delle straordinarie capacità creative dei designer dell’epoca e di una maggiore libertà di sperimentazione di nuovi materiali. Sono i gioielli indossati sugli abiti di scena dalle dive del cinema come Greta Garbo, Marlene Dietrich, Bette Davis e Vivien Leigh. Il leggendario Joseff crea monili per centinaia di pellicole di grande successo, tra cui “Via col Vento”. Ma anche le first ladies, come Mamie Eisenhower e Jacqueline Kennedy Onassis, non perdono l’occasione di esibirli in occasioni pubbliche.
Patrizia Sandretto Re Rebaudengo ha sviluppato l’interesse per questi gioielli fantasia «perché rappresentano un patrimonio culturale che ci riporta a tempi difficili e a grandi cambiamenti sociali... É importante il significato e il contenuto che essi trasmettono, la loro aderenza e precisione col momento storico in cui sono stati realizzati. Nella Costume Jewelry ricerco la creatività, la fantasia e apprezzo l’uso di materiali innovativi, come la gomma vulcanizzata, gli strass, la celluloide, la bachelite, il plexiglas e l’acrilico, capaci di anticipare tante tendenze future. Sono gioielli “poveri ma belli”, accessibili e alla portata di tutti».
Splendidamente falso, Trifari da Napoli a New York, Il gioiello va in scena, Dalla creatività al design, Ditelo con i fiori: sono solo alcune delle sezioni del percorso espositivo arricchito pannelli illustrativi, immagini e proiezioni.
La mostra sarà visitabile da martedì a domenica con orario 9.30-19.30 (ultimo ingresso ore 18.30), chiuso il lunedì ad eccezione del 25 aprile e del 15 maggio. Biglietto intero € 5.00, ridotto € 3.00. Catalogo edito da Sagep, Genova. Per informazioni: tel. 0141530403, info@palazzomazzetti.it, www.palazzomazzetti.it.
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Utopia e progetto. Sguardi sulla scultura del Novecento
20/05/2017 - 23/09/2017
Prato (PO) - Toscana
Inserito da CSArt Serri
“Utopia e progetto. Sguardi sulla scultura del Novecento” dal 20 maggio al 23 settembre 2017 alla Galleria Open Art di Prato (Viale della Repubblica, 24). Curata da Mauro Stefanini e accompagnata da una monografia Carlo Cambi Editore con un testo di Beatrice Buscaroli, la mostra sarà inaugurata sabato 20 maggio, alle ore 17.30.
In esposizione, tra le altre, opere di Mirko e Dino Basaldella, Agenore Fabbri, Nino Franchina, Quinto Ghermandi, Emilio Greco, Bruno Innocenti, Ji?í Kolá?, Luigi Mainolfi, Giuseppe Maraniello, Marino Marini, Fausto Melotti, Guido Pinzani, Francesco Somaini, Giuseppe Spagnulo, Mauro Staccioli.
«Il secolo scorso – spiega Beatrice Buscaroli –, in scultura, nacque già nettamente diviso da una forte tendenza all’astrazione che veniva dall’Europa e attraversava il Futurismo con la mitica parabola di Boccioni e la solitudine appartata di Modigliani, e il tradizionale, seppur declinato in decine di maniere diverse, legame che questa tecnica manteneva con le sue origini, con l’antico e la bellezza, con la figura. Naturalmente oggi non è più il tempo di queste distinzioni, che hanno però una loro valenza didattica e storica. Dopo la seconda guerra mondiale, dopo la desolazione dell’Arturo Martini del doloroso pamphlet su “La scultura lingua morta”, infatti, si dovette in qualche modo ricominciare da capo: ed ecco da una parte il ritorno alla figura al ritratto, al paesaggio, come l’apparizione di una tensione verso l’impalpabile richiamo della forma, del materiale, del gesto e dello spazio. Rivedere le sculture dei tanti protagonisti di questa mostra, di tutte le scuole e di tutte le tendenze, italiane ed europee, significa davvero gettare uno sguardo sulla complessa evoluzione di un linguaggio che nel nostro paese dovette soffrire il peso di un ottocento svaporato nella pur necessaria richiesta dei monumenti bellici che, tanto dopo la prima, quanto dopo la seconda, misero a prova la vera capacità della scultura italiana. Così, questa mostra segna una sorta di rinascita della scultura italiana, ormai non necessariamente legata alla narrazione o alla raffigurazione, ma semplicemente originata dallo studio e dalla conoscenza della tecnica. Figurativi e astrattisti, quindi, si confrontano accostandosi in situazioni spiritualmente affini, natura e gesto, dall’altra parte, riaprono orizzonti nuovi sui quali ancora la scultura d’oggi si confronta. Diverse le scuole, diversi i linguaggi, diversi i fini, ma una sola la qualità che distingue le opere in mostra. Una qualità che sembra davvero il filo conduttore di un percorso che accosta storie e strade diverse ma che davvero riesce a raccontare la vicenda non sempre facile di una tecnica non sempre semplice».
La presenza di quasi una decina di opere di Quinto Ghermandi, artista che a un anno dalla celebrazione del centenario della nascita sembra risalire la meritata fama, s’intende come una sorta di omaggio che la Galleria Open Art vuole dedicargli. È Ghermandi una sorta di simbolo della storia della scultura del Novecento, sospeso tra biografia e storia, studio e personali intuizioni, eredità difficili.
E così anche Francesco Somaini, a cui la galleria dedica una ristretta ma preziosa personale, un percorso che ne traccia i principali passaggi, è protagonista di una “mostra nella mostra” che propone alcune opere di estrema qualità, restituendo all’artista un volto a volte dimenticato ma sorprendente.
La collettiva è visitabile fino al 23 settembre 2017, da lunedì a venerdì con orario 15.00-19.30, sabato ore 10.30-12.30 e 15.00-19.30, chiuso domenica e festivi. Nel mese di agosto la Galleria Open Art osserverà la chiusura estiva. Ingresso libero. Monografia Carlo Cambi Ed. ITA/ENG con testo critico di Beatrice Buscaroli. Per informazioni: tel. + 39 0574 538003, galleria@openart.it, www.openart.it.
Connection – Discontinuance. Sistemi autopoietici nella ricerca artistica contemporanea
26/11/2016 - 26/02/2017
Reggio nell'Emilia (RE) - Emilia-Romagna
Inserito da CSArt Serri
La Galleria d’Arte 2000 & NOVECENTO di Reggio Emilia (Via Sessi, 1/F) presenta, dal 26 novembre 2016 al 26 febbraio 2017, “Connection – Discontinuance. Sistemi autopoietici nella ricerca artistica contemporanea”, mostra collettiva con opere di Afro, Fausto Melotti, Piero Dorazio e Park Eun-Sun.
L’esposizione, che trae il titolo da una scultura in marmo realizzata nel 2014 dall’artista coreano Park Eun-Sun, pone in dialogo le opere di autori diversi per provenienza, esperienza e linguaggio, collocati all’interno di un sistema autopoietico (dalla parola greca auto, ovvero se stesso, e poiesis, ovvero creazione), nel quale ogni cambiamento è subordinato al mantenimento della sua stessa identità.
La mostra, dunque, può diventare tassello di un ipotetico sistema sociale dell’arte in cui, come scrive Laura Gemini in riferimento alla performance teatrale contemporanea (“L’incertezza creativa”, FrancoAngeli, Milano, 2003), «i singoli prodotti artistici si devono posizionare in un reticolo di riproduzione, dove ognuno di essi si realizza in collegamento con gli altri».
Il percorso espositivo comprende un excursus attraverso il lavoro di Afro (Udine, 1912 – Zurigo, 1976), artista presente dagli anni ’50 in collezioni pubbliche in Italia, Europa e America. Da un carboncino su carta di matrice cubista (“Senza titolo”, 1947) alla tela “per L’ottomana I” del 1952, anno in cui aderisce al “Gruppo degli Otto” teorizzato da Lionello Venturi, sino al “Volo d’estate” del 1961, la cui accentuata componente gestuale lo avvicina all’Informale.
Fausto Melotti (Rovereto, 1901 – Milano, 1986), denominato maestro dell’anti-scultura per il gioco ponderato di strutture filiformi sospese nello spazio, è presente in mostra con “Lo sguardo”, un gesso dipinto del 1974 in cui emergono l’impostazione scenica e la suggestione musicale, ma anche con due lavori a tecnica mista che sottolineano l’importanza delle opere su carta nell’economia della sua produzione.
Di Piero Dorazio (Roma, 1927 – Perugia, 2005), uno dei padri dell’astrattismo italiano, è esposto “Solstice” del 1963-64, opera ad olio su tela caratterizzata da stratificazioni cromatiche tendenti al monocromo, translucide e vibranti. Un tessuto, o meglio una membrana, per citare Giuseppe Ungaretti (“Un intenso splendore”, Im Erker Galerie, San Gallo, 1966), fatta di una «pittura uniforme quasi monocroma e pure intrecciata di fili diversi di colore, di raggi di colore».
Park Eun-Sun presenta due sculture recenti in marmi colorati (“Connection – Discontinuance – Space”, 2014 e “Link”, 2014). Nato in Corea nel 1965, l’artista vive da oltre vent’anni a Pietrasanta. Nelle sue opere, che devono la bicromia all’architettura romanica toscana, si susseguono forme diramate e giochi di volumi, mentre la luce scivola sulla superficie curva delle sfere, percorse da una frattura che l’autore suggerisce di leggere «come un atto rigenerativo, che consente di far emergere la parte più nascosta della materia».
La mostra è completata da opere selezionate di Enrico Della Torre, Lucio Fontana, Marco Gastini, Giorgio Griffa, Elio Marchegiani, Carlo Mattioli, Angelo Savelli, Giuseppe Spagnulo.
L’esposizione sarà visitabile fino al 26 febbraio 2017, tutti i giorni con orario 10-12,30 e 16-19,30, aperto anche domenica e festivi. Ingresso libero. Per informazioni: tel. 0522 580143, duemilanovecento@tin.it, www.duemilanovecento.it, www.facebook.com/duemilanovecento.
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Le strade della pittura
23/09/2017 - 29/10/2017
Reggio nell'Emilia (RE) - Emilia-Romagna
Inserito da CSArt Serri
“Le strade della pittura” di Carlo Calzolari, Carlo Mastronardi e Corrado Tagliati dal 23 settembre al 29 ottobre 2017 alla Corte Ospitale di Rubiera (RE).
La mostra, promossa dal Comune di Rubiera, verrà inaugurata sabato 23 settembre alle ore 18.00. Saranno presenti, oltre agli artisti, Emanuele Cavallaro (Sindaco del Comune di Rubiera), Elena Lusvardi (Assessore alla Cultura del Comune di Rubiera) e Sandro Parmiggiani (curatore).
L’esposizione si tiene in un luogo fortemente simbolico – la cinquecentesca Corte Ospitale di Rubiera, per secoli centro di accoglienza e di incontro, e in questa occasione luogo simbolico in cui si incrociano le strade della pittura – e riunisce e mette a confronto tre artisti reggiani, originari di terre diverse: Calzolari è nato a Parma nel 1944, anche se risiede a Reggio Emilia da quarantacinque anni; Mastronardi è nato a Prepotto (Udine) nel 1940 ed è rubierese di adozione, essendosi qui trasferito il padre medico quando lui aveva dieci anni; Tagliati ha solidi, apparentemente irrecidibili, legami con l’Appennino, essendo nato a Castelnovo ne’ Monti nel 1940, e avendovi sempre vissuto.
“Le strade della pittura” è una mostra che, pur di dimensioni contenute – una decina di opere per ciascuno degli autori –, assume significati e valori peculiari. Da un lato, essa getta luce su ciò che tenacemente alcuni artisti continuano quotidianamente a fare, nel silenzio e nella solitudine dei loro studi, interrogandosi su quali possano essere oggi i linguaggi della pittura, capaci di non recidere il legame con la tradizione, di confrontarsi con il nuovo e, soprattutto, di essere fedeli testimoni della loro interiorità, delle tensioni che li animano, delle sfide che sentono di dovere raccogliere. Dall’altro lato, questi artisti dimostrano come la provincia possa essere luogo in cui si può sperimentare, lontano da luci e assedi di ogni genere (compresa la sollecitazione a replicare ciò che il mercato accoglie), un percorso di continui affinamenti e verifiche, con esiti che sono parte di ciò che può definirsi contemporaneo.
Calzolari, Mastronardi e Tagliati non formano certo un gruppo, né mai hanno pensato di dare vita a un sodalizio formale che potesse sostenere il loro percorso. Nutrono, da molti anni, sentimenti di amicizia personale, e di rispetto l’uno per il lavoro dell’altro, che già li hanno portati in passato ad esporre assieme, pure con altri amici artisti, quali i compianti Marco Gerra e Bruno Olivi, oltre a Fausto De Nisco.
Sono assai diverse le strade percorse dai tre artisti – anche se quelle di Mastronardi e Tagliati hanno segrete affinità e convergenze –; la frequentazione costante che da anni intrattengono fa sì che siano sempre aggiornati sugli esiti del lavoro di ciascuno, che questa mostra documenta con opere realizzate negli anni recenti.
Carlo Calzolari traccia bave, fiati di segni, graffiti, grumi e grovigli, numeri e lettere dell’alfabeto, parole nelle quali si condensa il retaggio di una presenza e di un pensiero misterioso, che pare sintonizzarsi sulla meraviglia e sull’estrema sensibilità proprie dell'infanzia; tutto viene percepito da chi guarda come ombre distorte da una lastra trasparente di plexiglass, che, investita dalla luce, proietta e origina sulla tavola retrostante brividi e fluttuazioni delle forme, a conferma che la cangiante presenza della luce è fondamentale nella percezione dell’opera, continuamente generando incupimenti, chiarori, trasalimenti dei toni.
Carlo Mastronardi fa ritorno, in queste opere ultime, al paesaggio delle nostre colline e montagne, in un qualche modo riallacciandosi alle esperienze degli esordi, quando trasfigurava il paesaggio emiliano, per poi rivisitare, sempre con un linguaggio informale sensibile al fascino della materia e del colore, i fienili e le vecchie case contadine, abbandonate a un inesorabile declino, i vecchi strumenti e attrezzi contadini – totem sacrali, tanto che la sua opera potrebbe davvero definirsi un’ininterrotta elegia sulla civiltà contadina ormai inghiottita e dissolta dal tempo. Di Mastronardi non possiamo infine dimenticare la ricerca sulla natura morta, con esiti del tutto personali, di grande felicità tonale e compositiva.
Corrado Tagliati è, fin dagli esordi, un indagatore del paesaggio, dapprima reso con una pittura figurativa, che presto s’inoltra lungo le strade di un’astrazione formalmente rigorosa, modulata su toni e tonalismi lavorati per accordi minimi, per segni, variazioni e sfumature di colore quasi impercettibili, ma che sempre reca l’impronta di emozioni e sentimenti che si rinnovano ogni volta che l’artista getta lo sguardo sulla natura, sia essa quella ancora in gran parte incontaminata sia quella che reca i segni dell’umano intervento. Spira nei suoi dipinti, sia ad olio sia a pastello, una sensibilità estrema, con la capacità di cogliere ogni più estenuato tono, ogni impercettibile frontiera tra forma e vuoto, ogni più recondita vibrazione della luce, che ne fanno un artista di r
CHERUBINO GAMBARDELLA IN MOSTRA AL MUSEO DELLA CASA ROSSA
19/07/2014 - 04/08/2014
Napoli (NA) - Campania
Inserito da Giovanni Cardone

Si inaugurerà sabato 19 luglio presso il Museo della Casa Rossa di Anacapri – Napoli la mostra “Capri – Atlante immaginario” di Cherubino Gambardella a cura di Maurizio Siniscalco. L’Evento è stato organizzata dall’Associazione Culturale ARTEAS e promosso dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici, Paesaggistici, Storici, Artistici ed Etnoantropologici per Napoli e Provincia, con il patrocinio della UERJ – Universidade do Estado do Rio de Janeiro e dell’IVB – Instituto Vital Brazil di Rio de Janeiro. Questo nuovo progetto ideato dall’ artista Cherubino Gambardella propone un ciclo di nuove undici opere e nove disegni che accompagneranno l’osservatore in una Capri immaginaria attraversando gli spazi e i luoghi protagonisti del mito della bellezza caprese. Cherubino Gambardella dice : “Capri è uno dei pochi posti al mondo che ha fatto coincidere il suo mito elitario e la massificazione del turismo. Da sempre ha mescolato il successo con un’immagine che ha suggerito altre immagini. Capri ha avuto infiniti atlanti, conta innumerevoli cartoline, antiche pitture ad olio, ritratti veloci di passanti, prove di artisti famosi, trasfigurazioni moderne di sue parti disegnate da pittori, architetti, letterati, poeti.
Tra verosimiglianza e immaginario, l’isola ha composto una sua armonia e ce la consegna oggi senza miti esclusivi. Chiunque vi sbarchi, da qualunque parte della terra, sente questa atmosfera pittoresca e colorata fatta per rendere celebre ogni uomo almeno per un quarto d’ora, così come diceva Andy Warhol.
Perché allora disegnare e raccontare un atlante immaginario di Capri, visto che ne ha avuti tanti e bellissimi? Perché un atlante così non era mai stato fatto prima.
Immaginate una calamita. Ebbene, questo è il primo atlante/calamita fatto da un architetto, da uno che è abituato a raccontare le cose con le immagini. Per questo è un vero atlante immaginario, teso a dimostrare che il pittoresco caprese non è lezioso ma gentile e questa collezione di icone vuole utilizzarlo per la prima volta come fondale fiabesco, una delle tante possibilità per migliorare, con i suoi elementi costruttivi, tanti altri spazi tristi e dimenticati in giro per il mondo. Le immagini di questa mostra non intendono modificare Capri, che sa cambiarsi molto bene da sola con i modi lenti e garbati di un eterno mito presente. Servono, piuttosto, come magneti, fondali simbolici per attrarre altri luoghi verso la leggenda dell’architettura mediterranea, non sempre consolatoria ma a volte massiccia, forte e densa come lo sono queste tecniche miste. Non una nuova Capri, quindi, ma la sua architettura e le sue caratteristiche identificative intese come antidoto sorridente per contrastare la perdita di fascino dei paesaggi e delle città senza nome”.


Profilo biografico
Cherubino Gambardella è nato a Napoli nel 1962.
È architetto, professore ordinario di progettazione architettonica alla Seconda Università degli Studi di Napoli. Da sempre si occupa di arte contemporanea prediligendo un approccio fondato sul collage e sulla rappresentazione di città immaginarie. La sua prima personale è stata esposta alla Galleria Siniscalco di Napoli (2014); sue istallazioni sono state esposte alla Biennale di Venezia (2014), al MoMA di New York (2013), alla Biennale di Venezia (2010), al Museo MADRE di Napoli (2009), alla Triennale di Milano (2007), al Palazzo Reale di Napoli (2006), alla Galleria Alfonso Artiaco di Napoli (2005) e alla Quadriennale di Roma (2003).
Museo della Casa Rossa
Via G. Orlandi 78
Anacapri (Napoli)
Capri - Atlante immaginario
Inaugurazione
sabato 19 luglio 2014 – ore 19.30

La mostra si potrà visitare dal 19 luglio al 4 agosto 2014 presso il Museo della Casa Rossa Anacapri – Napoli dal martedì alla domenica: h 10.00-13.30 / 17.30-20.00
lunedì: chiuso.
Giovanni Cardone