Evento: Landscapes. Declinazioni in giallo e in verde
01/04/2017 - 30/06/2017
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Data di inserimento: 28/03/2017 - 11:58
Luogo: Reggio nell'Emilia (RE) - Emilia-Romagna
Data di inizio: 01/04/2017
Data di fine 30/06/2017
Descrizione
La Galleria d’Arte 2000 & NOVECENTO di Reggio Emilia (Via Sessi, 1/F) presenta, dal 1 aprile al 30 giugno 2017, “Landscapes. Declinazioni in giallo e in verde”, mostra collettiva con opere di Valerio Adami, Giorgio Griffa, Antonio Ligabue, Elio Marchegiani e Graham Sutherland.
L’esposizione, che trae il titolo da un acquerello su carta di Graham Sutherland (“Landscape”, 1974), è dedicata al tema del paesaggio, inteso come luogo reale o immaginario, con figure e animali, sequenze ritmiche e creste materiche. Trait d’union, la dominante cromatica giallo-verde, colore della natura che si risveglia e simbolo di un nuovo inizio.
Il percorso della mostra comprende due opere di grandi dimensioni di Valerio Adami, maestro della Pop Art italiana, caratterizzate da campiture piatte di colore all’interno di contorni netti, la “Sezione Aurea n°989” di Giorgio Griffa, esponente della Pittura Analitica, invitato da Christine Macel alla 57. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia e due paesaggi ad olio su tavola di Antonio Ligabue riconducibili agli anni 1948-49. Presenti inoltre due “Grammature di colore” ad intonaco su lavagna di Elio Marchegiani che, negli anni ’70, si proponeva di giungere ad una sintesi astratto-geometrica dell’affresco italiano, infine Graham Sutherland, artista inglese scomparso nel 1980, le cui forme sono sottoposte ad una continua metamorfosi che ci restituisce una natura frammentaria e destrutturata.
La mostra è completata da opere selezionate di Enrico Della Torre, Omar Galliani, Herbert Hamak, Alberto Manfredi, Carlo Mattioli, Piero Ruggeri e Giuseppe Spagnulo.
L’esposizione sarà visitabile a partire da sabato 1 aprile 2017 alle ore 16 fino al 30 giugno 2017, tutti i giorni con orario 10-12,30 e 16-19,30, aperto anche domenica e festivi. Ingresso libero.
Per informazioni: tel. 0522 580143, duemilanovecento@tin.it, www.duemilanovecento.it, www.facebook.com/duemilanovecento.
Altri eventi dell'inserzionista
Luca Serra, Cuento Chino
18/04/2015 - 14/05/2015
Reggio nell'Emilia (RE) - Emilia-Romagna
Inserito da CSArt Serri
La Galleria VV8artecontemporanea di Reggio Emilia (Cortile di Palazzo Borzacchi, via Emilia S. Stefano 14) presenta, dal 18 aprile al 14 maggio 2015, “Cuento Chino”, mostra personale di Luca Serra. L’esposizione sarà inaugurata sabato 18 aprile, alle ore 18.00, in presenza dell’artista.
Un nuovo progetto espositivo che conferma la proficua collaborazione tra l’autore e la galleria, avviata nel 2009 con la mostra “El embrujo del hombre del saco” e portata avanti negli anni con collettive e fiere d’arte.
In esposizione, una selezione di opere inedite, alcune delle quali di grandi dimensioni, tutte realizzate nel 2015. Dipinti che nascono dall’assemblaggio di diversi materiali, sottoposti ad accadimenti fisici che ne modificano la struttura, lasciando ampi margini al caso.
Particolarmente interessato alle reazioni suscitate dal legame di alcuni elementi che, invece di rimanere stabili, si trasformavano nel tempo, Luca Serra ha elaborato un procedimento personale che prevede l’applicazione del catrame su supporti temporanei, assemblati a formare la struttura, successivamente dipinta con pigmenti e polveri a base di gesso. Attraverso strati di caucciù, la tela viene incollata sulla superficie e poi da essa separata per ottenere un vero e proprio calco. Un'opera finale – spiega l’artista – «diversa, nell’essenza, da ciò che è stato dipinto».
L’autore diventa, dunque, primo spettatore del suo lavoro, di una gestazione alchemica che, esulando da forme di controllo, converte il quadro da composizione estetica a storia, successione temporale di eventi inaspettati.
La personale sarà visitabile fino al 14 maggio 2015, da martedì a sabato con orario 10.30-13.00 e 16.30-19.30 oppure su appuntamento, aperto 25 aprile e 1 maggio. Per informazioni: tel. 0522 432103, info@vv8artecontemporanea.it, www.vv8artecontemporanea.it.

Luca Serra nasce a Bologna nel 1962. Nel 1988 si diploma all’Accademia di Belle Arti e viaggia tra Roma e Madrid. Nei primi anni ‘90 avvia un’intensa attività espositiva con mostre presso Kunstverein Nord - Galerie Z&M di Brema e Lorenzelli Arte di Milano. Nel 1999 torna nel sud della Spagna, stabilendosi ad Almeria, dove vive e lavora. Tra le recenti esposizioni, “Gris y Grandes Dibujos” (Lorenzelli Arte, Milano, 2012), “Huella y Dibujos” (Spazia galleria d’arte, Bologna, 2012) e (Galerie Carzaniga, Basilea, 2012), “Biennale Italia - Cina” (Villa Reale, Monza, 2012) e “Black & White, La ragione e la passione” (Lorenzelli Arte, Milano, 2013). Tra le ultime fiere d’arte si segnalano: “Arte Fiera” (Lorenzelli Arte, Bologna, 2014) e “MiArt” (Lorenzelli Arte, Milano, 2014 - 2015). Con la Galleria VV8artecontemporanea tiene le personali “El embrujo del hombre del saco” (2009) e “Cuento Chino” (2015), partecipando a “SetUp” (Bologna, 2013) ed “ArtVerona” (Verona, 2013).
Riccardo Varini, Fotografie 1979 – 2016
10/12/2016 - 08/01/2017
Reggio Emilia
Inserito da CSArt Serri
Chiarore diffuso, lunghi silenzi, profondissima quiete. I Chiostri di San Domenico (Via Dante Alighieri 11, Reggio Emilia) ospitano, dal 10 dicembre 2016 all’8 gennaio 2017, la mostra fotografica di Riccardo Varini, a cura di Arturo Carlo Quintavalle. Realizzata in collaborazione con il Comune di Reggio Emilia, l’esposizione sarà inaugurata sabato 10 dicembre alle ore 17.00.
In mostra, oltre 170 fotografie stampate su carta cotone. Immagini che documentano il percorso di Riccardo Varini dal 1979 ad oggi, attraverso le serie fotografiche – “Bianchi”, “Chiari”, “Stanze”, “Notturni”, “Persone in pausa”, “Paesaggio urbano” – che corrono parallele all’interno della sua ampia produzione. Il percorso espositivo si arricchisce, inoltre, con una selezione di immagini inedite, anteprima di due nuovi cicli, “Wabisabi” e “Still life”, in fase di realizzazione.
Raggiunta una certa maturità artistica, dopo l’archiviazione al CSAC di Parma, la monografia Skira e le tante mostre in Italia e in Europa, l’autore ha sentito l’esigenza di selezionare le immagini che meglio rappresentano la sua poetica (lontana dall’essere meramente descrittiva, come potrebbe sembrare da alcune fotografie “eclatanti”, volutamente escluse) e di presentarle, attraverso un progetto organico, alla città che ha accompagnato il suo percorso, dall’amore per la natura condiviso con il padre Luigi agli esordi fotografici legati alla scuola di Stanislao Farri, dall’interesse per i pittori chiaristi (Guidi, Morandi e il reggiano Gandini) all’incontro nel 1984 con Luigi Ghirri, che ha contribuito alla sua formazione e che ancora oggi considera il suo maestro, nonostante si sia progressivamente distaccato da una lingua comune per portare avanti una ricerca personale.
Se i “Bianchi” portano l’osservatore, attraverso distese di neve, dal visibile reale all’invisibile astratto, i “Chiari” (“Silenzi” e “Marine”) rendono il tempo lungo della fotografia, dove ogni intento descrittivo lascia campo all’introspezione, mentre le “Stanze”, attraverso tagli di luce e prospettive di interni, parlano di attese e abbandoni, così come i “Notturni” di matrice hopperiana, che rivendicano il valore della solitudine, e le “Persone in pausa”, in attesa della prima battuta, tra teatro e memoria. Infine la geometria, presente nel “Paesaggio urbano” con contrappunti taglienti di luce. Tra le anticipazioni, alcune fotografie della serie “Wabisabi” che, guardando all’imperfezione come valore, registra piccole lacerazioni e fratture, ed alcuni “Still life”, tra colori, riflessi e trasparenze.
«Riccardo Varini ha uno sguardo lento – scrive il curatore – uno sguardo obliquo, che scopre i dettagli, che mette insieme spazi, personaggi, luci ma anche ombre. Le sue foto sono in apparenza immagini immediate del vero, ma in realtà sono fotografie a lungo studiate, composte, costruite attraverso lunghe attese, anche quando sono scattate rapidamente cogliendo magari una tempesta di neve in riva al mare, dunque qualcosa di diverso, di affascinante, di nuovo».
La personale sarà visitabile di martedì, venerdì, sabato, domenica e festivi con orario 10.00-13.00 e 16.30-19.30 (apertura a richiesta per le scuole). Ingresso libero. Per informazioni: tel. 0522 456477, musei@municipio.re.it, www.musei.re.it. Per approfondimenti: www.riccardovarini.it.
Riccardo Varini nasce nel 1957 a Reggio Emilia. Fondamentali nel suo percorso sono Luigi Ghirri (1984) e il “chiarismo” della scuola di Guidi e Morandi. Nel 2006 fonda a Reggio Emilia una galleria dedicata esclusivamente alla fotografia, luogo d’incontro e formazione, dove tiene corsi di composizione e comunicazione. Nel 2007 le sue opere sono archiviate da Arturo Carlo Quintavalle e Gloria Bianchino presso il Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma, fra i grandi nomi della fotografia italiana. Nel 2009 espone nell’ambito di “Fotografia Europea” (Galleria Parmeggiani, Reggio Emilia, prefazione di Arturo Carlo Quintavalle) e le sue opere sono archiviate dalla Fototeca della Biblioteca Panizzi. Espone successivamente in diverse città italiane, partecipando al “MIA Fair” (Milano, 2012, 2013, 2014), con immagine su “Le Monde”, e a “Photissima” (Torino, 2013). Le sue opere sono raccolte nei libri “Silenzi” (Meridiana, 2008, prefazione di Arturo Carlo Quintavalle), “Luoghi Comuni” (AbaoAQu, 2013, testi di Pierluigi Tedeschi ed Emanuele Ferrari), “Da Mare a Mare” (NFC Edizioni, Rimini, 2013, testi di Alessandra Bigi Iotti e Giulio Zavatta). Nel 2013 partecipa al simposio su Luigi Ghirri organizzato dalla British School di Roma. Nel 2014 esce la sua monografia, curata da Arturo Carlo Quintavalle per Skira. Dalla collaborazione con diverse gallerie, nascono mostre internazionali a Berlino, Monaco, Montecarlo, Parigi e Tokio. Nel 2016 si dedica maggiormente ai suoi seminari, tenendo mostre alla Reggia di Colorno (PR) e ai Chiostri di San Domenico a Reggio Emilia.
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Gianni Bertini - Antologica
26/01/2017 - 30/01/2017
Reggio Emilia
Inserito da Raffaella Caruso
Gianni Bertini, “le Mec du Mec art”, è il protagonista della Solo Show con cui Eidos Immagini Contemporanee inaugura a Bologna Arte Fiera (padiglione 26 Stand A 88) la collaborazione con l’Associazione Gianni Bertini (www.associazionegiannibertini.com). Si tratta di una vera e propria antologica -a cura di Raffaella A. Caruso- che contrappunta i momenti salienti della produzione dell’Artista con un allestimento inedito e davvero site specific. I visitatori di Arte Fiera saranno accolti nello stand da uno scritto-manifesto autografo su legno (Gentile visitatore… ) con cui Gianni Bertini invita ad entrare nel mondo della pittura liberandosi da ogni preconcetto, pronti a sovvertire le regole per comprendere nuove possibilità narrative. In parallelo la proiezione di video assolutamente inediti, proprietà di Thierry Bertini –presidente dell’Associazione- e in comodato d’uso al Centre Pompidou, che non mancheranno di catturare lo spettatore per ironia ed energia. È forse questa una delle parole chiave del lavoro di Gianni Bertini, comune denominatore per i lavori in mostra che pur appartengono a periodi ben distinti. Si parte dai capolavori degli anni 40 presentati su una tappezzeria di locandine d’epoca, di per se stesse materiale di enorme valore documentario. I Gridi, MAC, Nucleare, Informale tutta la storia dei movimenti italiani ed europei del dopoguerra sino all’intuizione e alla rivelazione della Mec Art. Dopo l’esordio figurativo nel 1946 e i Gridi del ’48-’49, con cui anticipa di vent’anni il lavoro di Robert Indiana, pitture astratte attraversate da numeri e cifre, tra la denuncia e il dada, Bertini aderisce nel 1950 al MAC, partecipando alla biennale di Venezia dello stesso anno. Cogliendo però poi subito il rischio di un’involuzione del linguaggio concretista, realizza già nel 1951 pitture con sgocciolatura che sono tra le prime manifestazioni di pittura informale e nucleare realizzata in Italia. Sul finire del 1951 si trasferisce a Parigi dove nel maggio 1952 ha luogo la sua prima mostra personale parigina alla Galerie Arnaud. A Parigi conosce Atlan, Hartung, Soulages, Poliakoff, Schneider, De Stäel e inaugura con la partecipazione al Salon de Mai, cui sarà sempre successivamente invitato, la sua vita parigina. Tra il ’54 e il ’59 produce opere gestuali, dalle quali affiora prepotente il mondo della macchina: con queste partecipa alla Biennale del ’58. Nel ’54 incontra Pierre Restany, compagno del cammino verso Nouveau Réalism e Mec-Art, e così nel 1960 stufo di un informale che ha inevitabilmente perso la propria vis, introduce nel suo campo visivo la realtà, preparando la tela con immagini tratte dai giornali (in mostra un rarissimo esempio del ’62 con Minos au travail) . Da questo momento le sue opere, a latere di quelle dei neo-dadaisti statunitensi e dei Nouveaux Réalistes francesi, pongono le basi per lo sviluppo della stagione d’oro della Pop Art italiana. Scoperto il concetto classico della contaminazione, Bertini decide di ampliare le già notevoli possibilità combinatorie del proprio linguaggio trasferendo sulla tela mediante emulsione l’immagine fotografica, meccanica. Così all’aspetto per così dire epico del suo lavoro, sottolineato dall’uso ironico dei titoli, si sovrappongono lucide e feroci critiche al contemporaneo con quella molteplicità di piani narrativi che il pop statunitense non ebbe. Qui ne sono chiaro esempio per tutti il celeberrimo Succede qualche cosa. Bertini conduce sino alla fine questa forte linea narrativa, anticipando la piega sociale e politica che il pop italiano prende dal 1966, assecondandola con un apparente classicismo antropologico dal 1976 con la serie dell'Abbaco e un sorprendente ritorno alla pittura “classica”, spiazzante e pronta ad addolcire temi di una crudezza assoluta. È per alcuni versi così anche nelle tele anni 90 di Per non dimenticare, sulla Guerra del Golfo: in un'attualità ancora oggi assolutamente disarmante il rombo futurista e scanzonato dell’automobile è sostituito da quello sinistro di aerei, carrarmati ed elicotteri. Nello stesso decennio e con l’avvento del Millennio nuovo, Bertini sempre attento al nuovo, che sempre anticipa se non addirittura inventa, capisce che la riproduzione meccanica e fissa può e deve essere sostituita dall’elaborazione digitale, più veloce e “morbida” , in grado paradossalmente di riprodurre le trasparenze e l’imprevedibilità del pennello. Ma soprattutto lo schermo del computer gli permette di assecondare quei continui affastellamenti del pensiero con cui riesce in progressione ad arricchire la composizione, in un furor creativo che possiede ancora tutta l’energia beffarda della giovinezza. Ecco che Bertini riprende via via tutte le tessere del suo puzzle: donne, motori, ingranaggi, dee e semidei, eroi, vizi e virtù, pronto a suggerire al visitatore di raccogliere la tessera caduta. Sì qui, proprio qui a terra, mentre lui guardava il cielo.

Angelo Accardi, Mi è sembrato di vedere uno struzzo
05/05/2017 - 31/05/2017
Reggio Emilia
Inserito da CSArt Serri
Struzzi, rinoceronti e pesci in galleria. Stupore e straniamento. La Galleria de’ Bonis, dal 5 al 31 maggio 2017, ospita nel suo spazio espositivo di viale dei Mille 44/B, a Reggio Emilia, la mostra di Angelo Accardi “Mi è sembrato di vedere uno struzzo”.
La decontestualizzazione, che corrisponde ad uno degli strumenti più importanti dell’arte contemporanea, è anche l’elemento chiave della pittura di Angelo Accardi. L’artista, in particolare, inserisce in interni e in contesti urbani lo struzzo, animale selvatico e fortemente evocativo di sentori esotici, che funziona da “elemento di sorpresa”, scuotendo la percezione dell’osservatore ed invitandolo, con ironia, a guardare – e non semplicemente a vedere – la propria quotidianità.
L’ironia è, infatti, protagonista nelle sue opere, davanti alle quali si finisce sempre per spalancare gli occhi e sorridere.
Angelo Accardi è solito anche accostare citazioni di capolavori del passato a elementi contemporanei e pop della cultura di massa, come i Minions o I Simpson, lasciando allo spettatore le opportune considerazioni sull’evoluzione del linguaggio visivo.
Un uso accurato ma non lezioso della figurazione è un’altra cifra chiave della pittura di Accardi, mossa da lievi rumori di fondo e da qualche inserimento calligrafico che la personalizzano.
Non si consideri però l’aspetto divertente di questa ricerca indice di vacuità o superficialità: le riflessioni che lascia sul nostro tempo, sullo stato dell’arte e sul linguaggio visivo più in generale sono profonde.
Non stiamo forse prendendo troppo sul serio il nostro sviluppo urbano, sociale e intellettuale? A voi la risposta dopo un confronto con le opere in galleria.
L’esposizione sarà visitabile dal 5 al 31 maggio 2017, da martedì a sabato con orario 10.00-13.00 e 16.00-19.00, giovedì ore 10.00-13.00. Ingresso libero. Per informazioni: tel. 0522 580605, cell. 338 3731881, info@galleriadebonis.com, www.galleriadebonis.com.
Angelo Accardi nasce a Sapri (SA) nel 1964. Frequenta per breve tempo l’Academia di Belle Arti di Napoli, preferendo all’insegnamento accademico la ricerca personale. Apre così il proprio studio a Sapri. Dopo un passaggio attraverso l’astrazione, Accardi si dedica totalmente alla figurazione che diventa la sua cifra stilistica. Ha partecipato a numerose mostre collettive e personali, sia in Italia che all’estero (Canada, Germania, Spagna).