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Evento: OfficinARS
01/10/2017 - 28/10/2017
Dettagli
Data di inserimento: | 22/09/2017 - 13:39 |
Luogo: | Reggio Emilia () - |
Data di inizio: | 01/10/2017 |
Data di fine | 28/10/2017 |
Descrizione
L’Associazione Villa Sistemi Reggiana inaugura la propria attività con la mostra “OfficinARS”, che sarà presentata domenica 1 ottobre 2017, dalle 18.00 alle 20.00, presso la sede di via Montagnani Marelli 18 a Reggio Emilia, recentemente restaurata ed aperta al pubblico.
In linea con l’edificio che la ospita, un tempo scuola per fanciulle povere, l’Associazione intende individuare e promuovere artisti emergenti, mettendoli in relazione con gallerie, associazioni ed operatori culturali. Le attività promosse dall’Associazione tendono inoltre a stabilire un legame tra l’arte e la solidarietà, sostenendo un’associazione che gestisce un orfanotrofio a Goma, nella Repubblica Democratica del Congo.
«Siamo fortemente conviti che credere nei giovani, nel loro entusiasmo, nelle loro risorse e nelle loro energie – spiega Maria-Teresa Crispo, Presidente di Villa Sistemi Reggiana – possa fare da viatico alla realizzazione di tante ed importanti iniziative. Promuovere il talento, sin da quando emerge e tenta di affermarsi, ci sembra il modo più naturale per far crescere la coscienza artistica, che è parte determinante della nostra natura. L’arte è una forma estrema di sensibilità ed è capace di suscitare le più intense emozioni, da qui l’idea che l’opera artistica possa funzionare da strumento per la solidarietà e da sostegno per iniziative benefiche. Riteniamo che da un’ispirazione artistica si possa giungere ad un atto concreto, lì dove l’ideale incontra il reale, in uno scambio di reciproco aiuto, condivisione ed arricchimento».
La mostra “OfficinARS è l’esito di un concorso ad accesso gratuito al quale hanno partecipato ottanta artisti di età compresa tra i 20 e i 40 anni. Una giuria professionale, composta da Gianantonio Cristalli (scultore e docente di Scultura, Presidente della commissione), Mauro Carrera (curatore e critico d’arte) e Mauro Davoli (fotografo), ha selezionato prima una trentina di finalisti e poi cinque vincitori – Alketa Delishaj, Pietro Dente, Jessica Ferro, Giuseppe Graziosi, Erjon Nazeraj – le cui opere saranno recensite dal critico Mauro Carrera e inserite nel catalogo annuale dell’Associazione Villa Sistemi Reggiana e successivamente esposte al Museo Storico Archeologico di Nola (NA).
“OfficinARS” è realizzata con il patrocinio del Comune e della Provincia di Reggio Emilia. Nel corso dell’esposizione si terranno diversi eventi collaterali, segnalati sul sito www.villasistemireggiana.it e sulla pagina www.facebook.com/villasistemireggiana. La sede di Villa Sistemi Reggiana è accessibile da lunedì a venerdì con orario 9.00-18.00, sabato ore 15.00-19.00. Ingresso libero. Per informazioni: tel. 0522 272405, info@villasistemireggiana.it.
In linea con l’edificio che la ospita, un tempo scuola per fanciulle povere, l’Associazione intende individuare e promuovere artisti emergenti, mettendoli in relazione con gallerie, associazioni ed operatori culturali. Le attività promosse dall’Associazione tendono inoltre a stabilire un legame tra l’arte e la solidarietà, sostenendo un’associazione che gestisce un orfanotrofio a Goma, nella Repubblica Democratica del Congo.
«Siamo fortemente conviti che credere nei giovani, nel loro entusiasmo, nelle loro risorse e nelle loro energie – spiega Maria-Teresa Crispo, Presidente di Villa Sistemi Reggiana – possa fare da viatico alla realizzazione di tante ed importanti iniziative. Promuovere il talento, sin da quando emerge e tenta di affermarsi, ci sembra il modo più naturale per far crescere la coscienza artistica, che è parte determinante della nostra natura. L’arte è una forma estrema di sensibilità ed è capace di suscitare le più intense emozioni, da qui l’idea che l’opera artistica possa funzionare da strumento per la solidarietà e da sostegno per iniziative benefiche. Riteniamo che da un’ispirazione artistica si possa giungere ad un atto concreto, lì dove l’ideale incontra il reale, in uno scambio di reciproco aiuto, condivisione ed arricchimento».
La mostra “OfficinARS è l’esito di un concorso ad accesso gratuito al quale hanno partecipato ottanta artisti di età compresa tra i 20 e i 40 anni. Una giuria professionale, composta da Gianantonio Cristalli (scultore e docente di Scultura, Presidente della commissione), Mauro Carrera (curatore e critico d’arte) e Mauro Davoli (fotografo), ha selezionato prima una trentina di finalisti e poi cinque vincitori – Alketa Delishaj, Pietro Dente, Jessica Ferro, Giuseppe Graziosi, Erjon Nazeraj – le cui opere saranno recensite dal critico Mauro Carrera e inserite nel catalogo annuale dell’Associazione Villa Sistemi Reggiana e successivamente esposte al Museo Storico Archeologico di Nola (NA).
“OfficinARS” è realizzata con il patrocinio del Comune e della Provincia di Reggio Emilia. Nel corso dell’esposizione si terranno diversi eventi collaterali, segnalati sul sito www.villasistemireggiana.it e sulla pagina www.facebook.com/villasistemireggiana. La sede di Villa Sistemi Reggiana è accessibile da lunedì a venerdì con orario 9.00-18.00, sabato ore 15.00-19.00. Ingresso libero. Per informazioni: tel. 0522 272405, info@villasistemireggiana.it.
Altri eventi dell'inserzionista
Ricordi Futuri
24/01/2016 - 29/05/2016
Asti (AT) - Piemonte
Inserito da CSArt Serri
Dal 25 gennaio al 29 maggio 2016 Palazzo Mazzetti di Asti (Corso Alfieri, 357) ospiterà la mostra collettiva “Ricordi Futuri”, a cura di Ermanno Tedeschi. L’esposizione, allestita in occasione della Giornata della Memoria, ricorrenza internazionale celebrata il 27 gennaio in commemorazione delle vittime dell'Olocausto, è promossa dalla Fondazione Palazzo Mazzetti e dalla Città di Asti, con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Asti e con la collaborazione di Banca CRAsti. La collettiva, che sarà inaugurata domenica 24 gennaio alle ore 11.00, gode del Patrocinio della Regione Piemonte e della Provincia di Asti. Progetto di allestimento e multimediale di Interactive sound. Media Partners: La Stampa e Astigiani. Catalogo Gli Ori editori, a cura di Paola Gribaudo.
Il fil rouge che collega le opere dei trentaquattro artisti in mostra è l'idea della memoria e del ricordo, che lega ogni persona alle proprie origini e tradizioni, intesa come unico strumento di conoscenza che l’uomo ha a disposizione, in quanto rende ciascun individuo consapevole delle proprie esperienze passate e solo così pronto ad affrontare quelle presenti e quelle future.
La collettiva comprende diversi ambiti della vita umana e diverse discipline. Si parte dall'arte figurativa e concettuale, per passare attraverso le percezioni sensoriali di oggetti (giocattoli, libri, scritti, architettura), fino ad arrivare a suoni, immagini, video interviste, fotografie, sculture e dipinti.
“Una mostra di racconto, composita” – osserva il curatore Ermanno Tedeschi – “che si sviluppa attraverso un linguaggio tecnologico immersivo ed opere ad elevato impatto emozionale”.
Gli elementi di questo percorso espositivo, ospitato a Palazzo Mazzetti, sono di provenienza diversa, nazionale ed internazionale, con una particolare attenzione al tema dell’Olocausto, ma anche con un occhio rivolto alla cultura e alla tradizione astigiana.
La collettiva “Ricordi Futuri” è suddivisa in nove sezioni, con opere di artisti provenienti da differenti discipline artistiche e con personaggi della cultura internazionale.
Si parte dall'installazione di Gianluigi Colin, che tappezzando muri e soffitto di fotografie e fogli testimonia eventi di un passato lontano e di un presente che è quasi futuro. Si passa poi alle “video interviste”, presenti lungo il percorso della mostra, ad illustri esponenti della cultura contemporanea (Daniel Libeskind, architetto; Arturo Schwarz, studioso, filosofo e poeta; Emilio Isgrò, artista; Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz – Birkenau; Maria De Benedetti, psicologa, già vicesindaco di Asti dal 1994 al 1998).
La seconda sezione è dedicata al “Gioco come segno del tempo”, con la presenza di quadri dell'artista israeliano Itshak Yarkoni. Nei dipinti esposti l’autore ha inserito giocattoli antichi (i cui originali sono presenti in mostra) nella realtà di oggi cercando un rapporto tra passato e futuro.
Un'attenzione particolare viene dedicata al “Ricordo attraverso la fotografia”, che rappresenta la terza sezione della mostra, con alcune immagini scattate da Vardi Khana che, con il suo progetto One Family, ripercorre la storia della sua famiglia scampata alla Shoah. Una documentazione unica sono le fotografie del canadese Yuri Dojc e di Bruna Biamino; il primo testimonia come i libri resistano alle guerre ed alle più turpi ingiurie, mentre la seconda ci mostra come Israele ha voluto ricordare la Shoah attraverso la realizzazione del Museo di Yad Va Shem. Norma Picciotto ha invece realizzato delle fotografie in cui simboli della storia e dell’arte antica e contemporanea giacciono su un tappeto di foglie secche e bianche.
“Il segno e la scrittura come testimoni del tempo” sono il titolo della quarta sezione e sono rappresentati dagli artisti Barbara Nejrotti con le impronte di un bambino, di una donna ed un uomo impresse su una tela con cucito e pittura, dalle sculture di Tobia Ravà, che si distingue per un linguaggio originale, utilizzando numeri e lettere ebraiche, dal lavoro di Nicole Riefolo, costruito assemblando illustrazioni originali digitalizzate del manoscritto Voynich, opera quattrocentesca il cui idioma sconosciuto non è stato ad oggi decifrato. Ed inoltre: dalle opere dell'artista Moshe Gordon, realizzate utilizzando due vecchi libri su uno dei quali compare la parola ebraica “iskor” (ricordo), dall’opera di Antonio Meneghetti padre dell'Ontoarte, dai lavori di Marina Munoz, che trasforma libri e ritagli di carte e legno, e dalle opere dell’artista americano Eugene Lemay. Il padre dell'arte israeliana Menashe Kadishman è presente con la Sua scultura Shachelet (foglie cadute), composta da un gran numero di pesanti dischi di metallo di forma circolare, aventi le sembianze di un volto convulso che urla.
“Generazioni” è il titolo dedicato all'installazione di Jessica Carroll e Riccardo Cordero, che rappresenta la quinta sezione della mostra, nella quale i lavori dei rispettivi padri sono...
Il fil rouge che collega le opere dei trentaquattro artisti in mostra è l'idea della memoria e del ricordo, che lega ogni persona alle proprie origini e tradizioni, intesa come unico strumento di conoscenza che l’uomo ha a disposizione, in quanto rende ciascun individuo consapevole delle proprie esperienze passate e solo così pronto ad affrontare quelle presenti e quelle future.
La collettiva comprende diversi ambiti della vita umana e diverse discipline. Si parte dall'arte figurativa e concettuale, per passare attraverso le percezioni sensoriali di oggetti (giocattoli, libri, scritti, architettura), fino ad arrivare a suoni, immagini, video interviste, fotografie, sculture e dipinti.
“Una mostra di racconto, composita” – osserva il curatore Ermanno Tedeschi – “che si sviluppa attraverso un linguaggio tecnologico immersivo ed opere ad elevato impatto emozionale”.
Gli elementi di questo percorso espositivo, ospitato a Palazzo Mazzetti, sono di provenienza diversa, nazionale ed internazionale, con una particolare attenzione al tema dell’Olocausto, ma anche con un occhio rivolto alla cultura e alla tradizione astigiana.
La collettiva “Ricordi Futuri” è suddivisa in nove sezioni, con opere di artisti provenienti da differenti discipline artistiche e con personaggi della cultura internazionale.
Si parte dall'installazione di Gianluigi Colin, che tappezzando muri e soffitto di fotografie e fogli testimonia eventi di un passato lontano e di un presente che è quasi futuro. Si passa poi alle “video interviste”, presenti lungo il percorso della mostra, ad illustri esponenti della cultura contemporanea (Daniel Libeskind, architetto; Arturo Schwarz, studioso, filosofo e poeta; Emilio Isgrò, artista; Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz – Birkenau; Maria De Benedetti, psicologa, già vicesindaco di Asti dal 1994 al 1998).
La seconda sezione è dedicata al “Gioco come segno del tempo”, con la presenza di quadri dell'artista israeliano Itshak Yarkoni. Nei dipinti esposti l’autore ha inserito giocattoli antichi (i cui originali sono presenti in mostra) nella realtà di oggi cercando un rapporto tra passato e futuro.
Un'attenzione particolare viene dedicata al “Ricordo attraverso la fotografia”, che rappresenta la terza sezione della mostra, con alcune immagini scattate da Vardi Khana che, con il suo progetto One Family, ripercorre la storia della sua famiglia scampata alla Shoah. Una documentazione unica sono le fotografie del canadese Yuri Dojc e di Bruna Biamino; il primo testimonia come i libri resistano alle guerre ed alle più turpi ingiurie, mentre la seconda ci mostra come Israele ha voluto ricordare la Shoah attraverso la realizzazione del Museo di Yad Va Shem. Norma Picciotto ha invece realizzato delle fotografie in cui simboli della storia e dell’arte antica e contemporanea giacciono su un tappeto di foglie secche e bianche.
“Il segno e la scrittura come testimoni del tempo” sono il titolo della quarta sezione e sono rappresentati dagli artisti Barbara Nejrotti con le impronte di un bambino, di una donna ed un uomo impresse su una tela con cucito e pittura, dalle sculture di Tobia Ravà, che si distingue per un linguaggio originale, utilizzando numeri e lettere ebraiche, dal lavoro di Nicole Riefolo, costruito assemblando illustrazioni originali digitalizzate del manoscritto Voynich, opera quattrocentesca il cui idioma sconosciuto non è stato ad oggi decifrato. Ed inoltre: dalle opere dell'artista Moshe Gordon, realizzate utilizzando due vecchi libri su uno dei quali compare la parola ebraica “iskor” (ricordo), dall’opera di Antonio Meneghetti padre dell'Ontoarte, dai lavori di Marina Munoz, che trasforma libri e ritagli di carte e legno, e dalle opere dell’artista americano Eugene Lemay. Il padre dell'arte israeliana Menashe Kadishman è presente con la Sua scultura Shachelet (foglie cadute), composta da un gran numero di pesanti dischi di metallo di forma circolare, aventi le sembianze di un volto convulso che urla.
“Generazioni” è il titolo dedicato all'installazione di Jessica Carroll e Riccardo Cordero, che rappresenta la quinta sezione della mostra, nella quale i lavori dei rispettivi padri sono...
Fernanda Carrillo. Dear Universe
20/05/2022 - 26/06/2022
Montecchio Emilia (RE) - Emilia-Romagna
Inserito da CSArt Serri
Il Comune di Montecchio Emilia e l’Associazione culturale artMacs presentano, dal 20 maggio al 26 giugno 2022, “Dear Universe”, mostra personale della giovane artista messicana Fernanda Carrillo, vincitrice della prima edizione del “Premio Massimiliano Galliani per il disegno under 35”, dedicato al disegno e alla ricerca visiva emergente. L’esposizione sarà inaugurata venerdì 20 maggio, alle ore 18.00, negli spazi di Casa Cavezzi a Montecchio Emilia (RE).
L’artista soggiornerà a Montecchio Emilia, ospite del Comune, nella settimana precedente l’inaugurazione della sua personale per lavorare alla produzione di alcune opere originali, che verranno quindi presentate in anteprima assoluta proprio in occasione della mostra stessa.
Il “Premio Massimiliano Galliani per il disegno under 35” è stato promosso dall’Associazione culturale artMacs, istituita a Montecchio Emilia dalla famiglia dell’artista Massimiliano Galliani, prematuramente scomparso nel 2020 all’età di 37 anni, per diffondere e consolidare la sua memoria e sostenere i giovani artisti. Il progetto nasce da un doloroso lutto che cerca, attraverso l’Arte, un riscatto che non sia soltanto memoria, ma soprattutto futuro per le giovani generazioni creative.
Il Comune di Montecchio Emilia è partner e sostenitore di questo progetto: ha infatti erogato un premio acquisto del valore di 2.500 Euro e curato l’organizzazione della mostra personale dedicata all’artista messicana. Una ulteriore acquisizione, del valore di 3.500 Euro è stata operata dall’Associazione culturale artMacs.
L’opera di Fernanda Carrillo è stata selezionata, in occasione della sedicesima edizione della fiera d’arte ArtVerona, partner del progetto, da una qualificata Giuria composta da Omar Galliani (artista), Giuseppe Stampone (artista), Alberto Zanchetta (critico e curatore d’arte), Davide Zanichelli (Direttore della Fondazione Palazzo Magnani di Reggio Emilia) e Fausto Torelli (Sindaco del Comune di Montecchio Emilia). L’artista messicana è rappresentata in Italia dalla galleria d’Arte A Pick Gallery di Torino.
«Nell’opera di Fernanda Carrillo – si legge nella motivazione della Giuria – permane la tradizione del “disegno” aperto alla contemporaneità, in un congiungersi e dialogare continuo. Ricerca introspettiva dove gli stati d’animo dell’artista si fondono a quelli di una natura in continuo divenire. Morfologia dell’anima e della natura».
L’opera di Carri, nome con il quale Fernanda Carrillo firma le sue opere, è un dialogo interiore, una ricerca introspettiva nella quale i suoi stati d’animo si fondono a quelli di una natura in continuo divenire: potremmo chiamarla morfologia dell’anima e della natura. Per Fernanda Carrillo l’arte è cura, terapia; un po’ come per Louise Bourgeois, artista che ha influenzato il suo lavoro, l’arte diventa uno strumento per poeticizzare i traumi.
Con “Dear Universe”, Carrillo esplora il suo rapporto con i sogni e i desideri. Una serie di dipinti a olio inediti danno vita alla sua necessità di narrare e di essere letta, interpretata; come nella serie “Dreams and Nightmares”, in cui l’utilizzo di materiali naturali, come vino, caffè e aceto, dà vita a un diario visivo dell’inconscio, catturando e imprimendo idee, emozioni e sensazioni fugaci.
Fernanda Carrillo nasce nel 1995 a Città del Messico. Dopo essersi laureata in Architettura si è trasferita a New York dove ha consolidato il suo forte legame con l’arte. Ha iniziato a lavorare dapprima con installazioni per poi passare alla pittura e al disegno, da autodidatta. Sotto l’influenza di artisti come Louise Bourgeois, si ispira all’arte confessionale, combinando la sua pulizia visiva con frasi di una rivelazione intenzionale del sé privato. La sua opera è un’intima esternazione di temi ricorrenti nella sua vita e nel suo viaggio. Il suo lavoro include sculture, ceramiche e disegni, che riflettono diversi periodi della sua carriera. Spesso biografica, la sua ricerca esplora temi tra cui la famiglia, l’amore per se stessi e la paura. Ha esposto in diverse mostre personali a Città del Messico e New York: nel 2020 Carri approda in Europa con la galleria d’arte A Pick Gallery di Torino.
La sede di Casa Cavezzi (Via Veneto 29, Montecchio Emilia) è aperta al pubblico dal 20 maggio al 26 giugno 2022, la domenica e nei giorni festivi con orario 15.00-19.00; da lunedì a sabato su prenotazione. L’ingresso è gratuito. Per informazioni e prenotazioni: T. +39 0522 861864, biblioteca@comune.montecchio-emilia.re.it.
L’artista soggiornerà a Montecchio Emilia, ospite del Comune, nella settimana precedente l’inaugurazione della sua personale per lavorare alla produzione di alcune opere originali, che verranno quindi presentate in anteprima assoluta proprio in occasione della mostra stessa.
Il “Premio Massimiliano Galliani per il disegno under 35” è stato promosso dall’Associazione culturale artMacs, istituita a Montecchio Emilia dalla famiglia dell’artista Massimiliano Galliani, prematuramente scomparso nel 2020 all’età di 37 anni, per diffondere e consolidare la sua memoria e sostenere i giovani artisti. Il progetto nasce da un doloroso lutto che cerca, attraverso l’Arte, un riscatto che non sia soltanto memoria, ma soprattutto futuro per le giovani generazioni creative.
Il Comune di Montecchio Emilia è partner e sostenitore di questo progetto: ha infatti erogato un premio acquisto del valore di 2.500 Euro e curato l’organizzazione della mostra personale dedicata all’artista messicana. Una ulteriore acquisizione, del valore di 3.500 Euro è stata operata dall’Associazione culturale artMacs.
L’opera di Fernanda Carrillo è stata selezionata, in occasione della sedicesima edizione della fiera d’arte ArtVerona, partner del progetto, da una qualificata Giuria composta da Omar Galliani (artista), Giuseppe Stampone (artista), Alberto Zanchetta (critico e curatore d’arte), Davide Zanichelli (Direttore della Fondazione Palazzo Magnani di Reggio Emilia) e Fausto Torelli (Sindaco del Comune di Montecchio Emilia). L’artista messicana è rappresentata in Italia dalla galleria d’Arte A Pick Gallery di Torino.
«Nell’opera di Fernanda Carrillo – si legge nella motivazione della Giuria – permane la tradizione del “disegno” aperto alla contemporaneità, in un congiungersi e dialogare continuo. Ricerca introspettiva dove gli stati d’animo dell’artista si fondono a quelli di una natura in continuo divenire. Morfologia dell’anima e della natura».
L’opera di Carri, nome con il quale Fernanda Carrillo firma le sue opere, è un dialogo interiore, una ricerca introspettiva nella quale i suoi stati d’animo si fondono a quelli di una natura in continuo divenire: potremmo chiamarla morfologia dell’anima e della natura. Per Fernanda Carrillo l’arte è cura, terapia; un po’ come per Louise Bourgeois, artista che ha influenzato il suo lavoro, l’arte diventa uno strumento per poeticizzare i traumi.
Con “Dear Universe”, Carrillo esplora il suo rapporto con i sogni e i desideri. Una serie di dipinti a olio inediti danno vita alla sua necessità di narrare e di essere letta, interpretata; come nella serie “Dreams and Nightmares”, in cui l’utilizzo di materiali naturali, come vino, caffè e aceto, dà vita a un diario visivo dell’inconscio, catturando e imprimendo idee, emozioni e sensazioni fugaci.
Fernanda Carrillo nasce nel 1995 a Città del Messico. Dopo essersi laureata in Architettura si è trasferita a New York dove ha consolidato il suo forte legame con l’arte. Ha iniziato a lavorare dapprima con installazioni per poi passare alla pittura e al disegno, da autodidatta. Sotto l’influenza di artisti come Louise Bourgeois, si ispira all’arte confessionale, combinando la sua pulizia visiva con frasi di una rivelazione intenzionale del sé privato. La sua opera è un’intima esternazione di temi ricorrenti nella sua vita e nel suo viaggio. Il suo lavoro include sculture, ceramiche e disegni, che riflettono diversi periodi della sua carriera. Spesso biografica, la sua ricerca esplora temi tra cui la famiglia, l’amore per se stessi e la paura. Ha esposto in diverse mostre personali a Città del Messico e New York: nel 2020 Carri approda in Europa con la galleria d’arte A Pick Gallery di Torino.
La sede di Casa Cavezzi (Via Veneto 29, Montecchio Emilia) è aperta al pubblico dal 20 maggio al 26 giugno 2022, la domenica e nei giorni festivi con orario 15.00-19.00; da lunedì a sabato su prenotazione. L’ingresso è gratuito. Per informazioni e prenotazioni: T. +39 0522 861864, biblioteca@comune.montecchio-emilia.re.it.
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Profeti in Patria - Cammini d'artista a Montecchio Emilia. Graziano Pompili
21/02/2016 - 28/02/2016
Montecchio Emilia (RE) - Emilia-Romagna
Inserito da CSArt Serri
Con la mostra personale di Graziano Pompili, in programma fino al 28 febbraio 2016 al Castello Medievale di Montecchio Emilia (RE), si apre la rassegna “Profeti in patria - Cammini d’artista a Montecchio Emilia” promossa dall’amministrazione comunale. L’intento del progetto è quello di permettere ai cittadini di conoscere gli artisti che vivono ed operano nel Comune non solo attraverso la loro opera ma anche grazie a momenti di incontro e confronto personali.
Curata da Sandro Parmiggiani, l’esposizione presenta una selezione di opere in terracotta realizzate negli anni ’70 e ’80. Come scrive, infatti, il curatore, «A partire dal 1978, e per almeno un decennio, la terracotta diventa il materiale elettivo di Pompili, che dà vita a un ciclo di particolare fascino, le “Ri-archeologie”, terrecotte che ripropongono lo splendore delle sembianze dell’antico, riemerso dagli abissi del tempo: mostrano, infatti, ferite e mutilazioni, accentuate dal fatto che l’artista le riduce in frammenti all’uscita dal forno di cottura, per poi ricomporle con ganci di ferro».
Il percorso espositivo, pensato per gli spazi del Castello, comprende un’opera monumentale nell’atrio d’ingresso (“Domotica”, 2008), la sequenza ritmica di “Archeologia del ‘900” nella stanza laterale e tre opere riferibili alla prima metà degli anni ’80 – “Grande scudo”, “Acrolito”, “Emmaus” – immerse nell’ombra dei sotterranei.
«Queste cinque opere sul tema delle Ri-archeologie – spiega Graziano Pompili – realizzate più di vent’anni fa, dopo essere state esposte in decine di spazi pubblici e privati, sia in Italia che all'estero, trovano ora posto all'interno del piccolo Castello medievale di Montecchio Emilia, un luogo “ideale” nel quale si instaura un dialogo privilegiato tra la scultura e lo spazio che la contiene».
Domenica 21 febbraio, dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 18.00, l’artista sarà presente in mostra ed accompagnerà i visitatori alla scoperta delle opere esposte.
La personale è visitabile fino al 28 febbraio 2016 di lunedì e giovedì ore 9.00-13.00 e 15.00-18.00, martedì e venerdì ore 15.00-18.00, mercoledì ore 9.00-13.00, sabato ore 9.00-12.00. Ingresso libero. Per informazioni: Biblioteca Comunale di Montecchio Emilia (tel. 0522 861864, biblioteca@comune.montecchio-emilia.re.it, www.comune.montecchio-emilia.re.it).
Il ciclo di iniziative che il Comune di Montecchio Emilia ha inteso dedicare a Graziano Pompili proseguirà fino a giugno 2016 con mostre temporanee, appuntamenti ed incontri. Il prossimo evento espositivo sarà dedicato alla “Via Crucis” realizzata dall’artista nel 2003. L’opera sarà allestita dal 19 marzo 2016 negli spazi di Casa Cavezzi, quattrocentesco palazzo nel centro storico di Montecchio Emilia.
Graziano Pompili nasce a Fiume nel 1943. La sua formazione avviene all’Istituto d’Arte Internazionale per la Ceramica di Faenza e all’Accademia di Belle Arti di Bologna, dove nel 1977 diventerà docente di Scultura in marmo. Nel 1982 si stabilisce a Montecchio Emilia (RE). Molti sono i materiali con cui si è misurato nella sua attività di scultore: il marmo, la terracotta, il bronzo, il ferro, il legno e la pietra, realizzando anche opere di grandi dimensioni ed alcune installazioni. Tiene numerose mostre personali in Italia e all’estero, in musei pubblici e in gallerie private. Tra le recenti esposizioni, si segnalano: “La memoria del sacro” (Palazzo Magnani, Reggio Emilia, 2006; MUSMA, Matera, 2013; Complesso Monumentale di Santa Maria della Vita, Bologna, 2014), “ORT” (Castello di Pergine Valsugana, Trento, 2011) e “Der Feldweg” (Giardino di Daniel Spoerri, Seggiano, Grosseto, 2002). Vive e lavora tra Montecchio Emilia e Carrara.
Il Castello di Montecchio Emilia, di proprietà comunale, domina il centro storico ed è una delle più interessanti architetture fortificate matildiche della provincia. Non è nota la data della fondazione del Castello, esistente però già nel 1114 secondo un placito matildico, e denominato “Castrum vetus” nel 1259. Il suo primo nucleo probabilmente esisteva già nel X sec. d.C. La Rocca fu, nel XIII sec., oggetto di aspre contese fra i Vescovi e il Comune di Parma. Successivamente si avvicendarono, nel dominio del Castello, i Vicedomini e importanti famiglie afferenti alle signorie dei Visconti e degli Este. Nel 1426 Montecchio passò definitivamente sotto il controllo degli Estensi e, per la sua notevole importanza strategica, nel 1562 fu elevato a Marchesato. Fino all'Unità d'Italia – con la breve eccezione del periodo napoleonico – Montecchio seguì le sorti del Ducato Estense. Per secoli e fino al 1960, la Rocca fu adibita a carcere mandamentale.
Curata da Sandro Parmiggiani, l’esposizione presenta una selezione di opere in terracotta realizzate negli anni ’70 e ’80. Come scrive, infatti, il curatore, «A partire dal 1978, e per almeno un decennio, la terracotta diventa il materiale elettivo di Pompili, che dà vita a un ciclo di particolare fascino, le “Ri-archeologie”, terrecotte che ripropongono lo splendore delle sembianze dell’antico, riemerso dagli abissi del tempo: mostrano, infatti, ferite e mutilazioni, accentuate dal fatto che l’artista le riduce in frammenti all’uscita dal forno di cottura, per poi ricomporle con ganci di ferro».
Il percorso espositivo, pensato per gli spazi del Castello, comprende un’opera monumentale nell’atrio d’ingresso (“Domotica”, 2008), la sequenza ritmica di “Archeologia del ‘900” nella stanza laterale e tre opere riferibili alla prima metà degli anni ’80 – “Grande scudo”, “Acrolito”, “Emmaus” – immerse nell’ombra dei sotterranei.
«Queste cinque opere sul tema delle Ri-archeologie – spiega Graziano Pompili – realizzate più di vent’anni fa, dopo essere state esposte in decine di spazi pubblici e privati, sia in Italia che all'estero, trovano ora posto all'interno del piccolo Castello medievale di Montecchio Emilia, un luogo “ideale” nel quale si instaura un dialogo privilegiato tra la scultura e lo spazio che la contiene».
Domenica 21 febbraio, dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 18.00, l’artista sarà presente in mostra ed accompagnerà i visitatori alla scoperta delle opere esposte.
La personale è visitabile fino al 28 febbraio 2016 di lunedì e giovedì ore 9.00-13.00 e 15.00-18.00, martedì e venerdì ore 15.00-18.00, mercoledì ore 9.00-13.00, sabato ore 9.00-12.00. Ingresso libero. Per informazioni: Biblioteca Comunale di Montecchio Emilia (tel. 0522 861864, biblioteca@comune.montecchio-emilia.re.it, www.comune.montecchio-emilia.re.it).
Il ciclo di iniziative che il Comune di Montecchio Emilia ha inteso dedicare a Graziano Pompili proseguirà fino a giugno 2016 con mostre temporanee, appuntamenti ed incontri. Il prossimo evento espositivo sarà dedicato alla “Via Crucis” realizzata dall’artista nel 2003. L’opera sarà allestita dal 19 marzo 2016 negli spazi di Casa Cavezzi, quattrocentesco palazzo nel centro storico di Montecchio Emilia.
Graziano Pompili nasce a Fiume nel 1943. La sua formazione avviene all’Istituto d’Arte Internazionale per la Ceramica di Faenza e all’Accademia di Belle Arti di Bologna, dove nel 1977 diventerà docente di Scultura in marmo. Nel 1982 si stabilisce a Montecchio Emilia (RE). Molti sono i materiali con cui si è misurato nella sua attività di scultore: il marmo, la terracotta, il bronzo, il ferro, il legno e la pietra, realizzando anche opere di grandi dimensioni ed alcune installazioni. Tiene numerose mostre personali in Italia e all’estero, in musei pubblici e in gallerie private. Tra le recenti esposizioni, si segnalano: “La memoria del sacro” (Palazzo Magnani, Reggio Emilia, 2006; MUSMA, Matera, 2013; Complesso Monumentale di Santa Maria della Vita, Bologna, 2014), “ORT” (Castello di Pergine Valsugana, Trento, 2011) e “Der Feldweg” (Giardino di Daniel Spoerri, Seggiano, Grosseto, 2002). Vive e lavora tra Montecchio Emilia e Carrara.
Il Castello di Montecchio Emilia, di proprietà comunale, domina il centro storico ed è una delle più interessanti architetture fortificate matildiche della provincia. Non è nota la data della fondazione del Castello, esistente però già nel 1114 secondo un placito matildico, e denominato “Castrum vetus” nel 1259. Il suo primo nucleo probabilmente esisteva già nel X sec. d.C. La Rocca fu, nel XIII sec., oggetto di aspre contese fra i Vescovi e il Comune di Parma. Successivamente si avvicendarono, nel dominio del Castello, i Vicedomini e importanti famiglie afferenti alle signorie dei Visconti e degli Este. Nel 1426 Montecchio passò definitivamente sotto il controllo degli Estensi e, per la sua notevole importanza strategica, nel 1562 fu elevato a Marchesato. Fino all'Unità d'Italia – con la breve eccezione del periodo napoleonico – Montecchio seguì le sorti del Ducato Estense. Per secoli e fino al 1960, la Rocca fu adibita a carcere mandamentale.
Serendìpia - Milano 2015
13/02/2015 - 11/04/2015
Venezia (VE) - Veneto
Inserito da nitroglicerina. we design cultural explosions.
Centro Medico Santagostino (www.cmsantagostino.it) e Coralium onlus (www.coralium.it), nell’ambito degli eventi culturali a supporto delle proprie attività, presentano Serendìpia - Milano 2015. La mostra fotografica è parte delle iniziative di Coralium onlus, che intende mettere in comunicazione il mondo artistico con i propri progetti solidali, in un’ottica di reciproca contaminazione.
Organizzata da Nitroglicerina (www.nitroglicerina.org), Serendìpia è una mostra che vuole analizzare le tematiche del caso/caos, errore e serendipità in fotografia. Trenta opere, selezionate da una commissione di esperti in ambito artistico, per rigenerare la sensualità latente dei Salon des Refusés e la proibita curiosità dell’arte degenerata.
Serendìpia sarà ospitata all’interno del Centro Medico Santagostino (Piazza Sant’Agostino, 1 - 20123 Milano) e aprirà al pubblico dalle ore 18.30 di venerdì 13 febbraio 2015, con un evento di opening alla presenza dei curatori e degli organizzatori della mostra.
La mostra, inoltre, sarà corredata da un catalogo che raccoglierà tutte le opere esposte e che sarà offerto ai visitatori a fronte di una donazione a partire da 10 euro, che saranno devoluti a favore dei progetti di Coralium onlus a favore di soggetti con disabilità.
Per ulteriori informazioni: www.nitroglicerina.org. Facebook: nitroglicerina.org.
«È nelle sue ombre, nei suoi scatti errati, nei suoi accidenti e nei suoi lapsus che la fotografia si svela e meglio si lascia analizzare». Clément Chéroux, storico della fotografia
Organizzata da Nitroglicerina (www.nitroglicerina.org), Serendìpia è una mostra che vuole analizzare le tematiche del caso/caos, errore e serendipità in fotografia. Trenta opere, selezionate da una commissione di esperti in ambito artistico, per rigenerare la sensualità latente dei Salon des Refusés e la proibita curiosità dell’arte degenerata.
Serendìpia sarà ospitata all’interno del Centro Medico Santagostino (Piazza Sant’Agostino, 1 - 20123 Milano) e aprirà al pubblico dalle ore 18.30 di venerdì 13 febbraio 2015, con un evento di opening alla presenza dei curatori e degli organizzatori della mostra.
La mostra, inoltre, sarà corredata da un catalogo che raccoglierà tutte le opere esposte e che sarà offerto ai visitatori a fronte di una donazione a partire da 10 euro, che saranno devoluti a favore dei progetti di Coralium onlus a favore di soggetti con disabilità.
Per ulteriori informazioni: www.nitroglicerina.org. Facebook: nitroglicerina.org.
«È nelle sue ombre, nei suoi scatti errati, nei suoi accidenti e nei suoi lapsus che la fotografia si svela e meglio si lascia analizzare». Clément Chéroux, storico della fotografia