Accedi
Evento: La prospettiva dell’effimero. Antonio Joli e la "scena per angolo"
18/09/2020 - 08/11/2020
Dettagli
Data di inserimento: | 02/09/2020 - 12:39 |
Luogo: | Modena (MO) - Emilia-Romagna |
Data di inizio: | 18/09/2020 |
Data di fine | 08/11/2020 |
Descrizione
“La prospettiva dell’effimero. Antonio Joli e la scena per angolo” è il titolo della mostra che “La Galleria. Collezione e Archivio Storico” di BPER Banca presenta dal 18 settembre all’8 novembre 2020 presso gli spazi espositivi di via Scudari 9 a Modena.
L’esposizione viene inaugurata in occasione del festivalfilosofia 2020 e interpreta il tema selezionato per la ventesima edizione del festival – Macchine – a partire da una “scena per angolo” di Antonio Joli (Modena, 1700 - Napoli, 1777), parte della Collezione di BPER Banca. L’opera è testimonianza del desiderio di “spettacolarità” che caratterizza le corti barocche, non solo in relazione al gioco scenico, ma anche in un’accezione più ampia, in cui le idee di “artificio” e “meraviglia” rispondono ad esigenze di occasionale magnificenza dinastica.
Curato da Lucia Peruzzi, storica dell’arte e consulente di BPER Banca, il percorso espositivo si apre con l’opera ad olio su tela di proprietà di BPER Banca – “Sansone abbatte il tempio” – che consente di approfondire la fase iniziale del pittore, connotata da un marcato intento scenografico e teatrale, rendendo conto dei suoi primi interessi, orientati verso il genere del “capriccio architettonico”. Il dipinto è posto, quindi, in dialogo con due tele dello stesso autore, provenienti dal Museo Civico d’Arte di Modena: una seconda opera intitolata “Sansone abbatte il tempio” e un dipinto dedicato all’“Incendio di Troia”.
«Queste tele – scrive la curatrice – con la loro affascinante commistione di artificio e verità ci immergono nel mondo effimero e vivace dei teatri e della scenografia della corte estense agli inizi del Settecento e ci rimandano a quelle suggestive ‘apparenze di scena’ che si susseguivano sapientemente durante gli spettacoli: ‘atrii grandi illuminati, fabbriche remote e rovinate, fabbriche diroccate’. Già nel secolo precedente si erano affermate a Modena con grande successo le specializzazioni pittoriche del quadraturismo, del rovinismo e della scenografia prospettica. Nella città estense di primo Seicento, da poco assurta al rango di capitale del ducato, vengono impiegati progettisti e scenografi, architetti e noti pittori che, all’occasione, si cimentano in ardite invenzioni per offrire al pubblico artifici mirabolanti e soddisfare le richieste di una corte consapevole dell’importanza del messaggio dell’arte ai fini della propria celebrazione. Provengono in gran parte dalla vicina Bologna, il centro propulsore della cultura scenografica e teatrale del tempo, e realizzano imprese decorative assai vaste mostrandosi in grado anche di creare apparati scenici e festivi di carattere effimero: macchine, caroselli, tornei, giochi d’acqua e ‘fuochi d’allegrezza’. La tradizione scenografica emiliana riceve un impulso decisivo, tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento, con l’adozione della “scena per angolo” per opera di Ferdinando Galli Bibiena, del tutto innovativa rispetto alle tradizionali costruzioni prospettiche a unico asse centrale di ascendenza rinascimentale tipiche del teatro barocco. In questo contesto culturale si inserisce la produzione giovanile di Antonio Joli. Le opere qui presentate, nella soluzione del taglio obliquo della veduta, nei motivi di balaustre e di balconate aggettanti, denunciano un puntuale rimando ai dettami bibieneschi. Senza dubbio, per la loro forte evocazione di macchine e quinte teatrali, costituiscono trasposizioni di scenografie smarrite da collegare a opere musicali messe in scena intorno al 1725 al suo ritorno da Roma. In particolare nel Sansone la bellissima invenzione di rappresentare il crollo in atto costituisce una rarissima annotazione di tecnica teatrale, il cosiddetto ‘diroccamento a vista’, in cui, una macchina teatrale azionata per mezzo di complesse manovre di funi, pesi e contrappesi, anziché rappresentare staticamente un cumulo di macerie, fissa la dinamica del crollo proprio nel momento in cui l’architettura sta per abbattersi con fragore sul palcoscenico».
«Per il primo anno BPER Banca è main sponsor del festival e ciò conferma la concreta politica a sostegno della cultura, nelle sue diverse espressioni, avviata da tempo con numerosi interventi che affiancano all’attività bancaria specifica un’attenzione particolare ai progetti e alle iniziative di maggiore rilevanza provenienti dalle comunità servite – afferma il Presidente di BPER Banca Pietro Ferrari. La preziosa collaborazione con il Museo Civico d’Arte di Modena conferma, inoltre, la volontà di BPER Banca di creare una rete con le istituzioni cittadine, fondamentale soprattutto in questo momento di ripresa. Questa partnership, dunque, completa e vivifica un ampio progetto di collaborazione culturale e costituisce, al contempo, un nuovo importante tassello delle nostre attività di responsabilità sociale. Affrontare insieme l’incertezza è la chiave per garantire alla comunità un nuovo inizio positivo, partendo proprio dalla cultura».
L’esposizione viene inaugurata in occasione del festivalfilosofia 2020 e interpreta il tema selezionato per la ventesima edizione del festival – Macchine – a partire da una “scena per angolo” di Antonio Joli (Modena, 1700 - Napoli, 1777), parte della Collezione di BPER Banca. L’opera è testimonianza del desiderio di “spettacolarità” che caratterizza le corti barocche, non solo in relazione al gioco scenico, ma anche in un’accezione più ampia, in cui le idee di “artificio” e “meraviglia” rispondono ad esigenze di occasionale magnificenza dinastica.
Curato da Lucia Peruzzi, storica dell’arte e consulente di BPER Banca, il percorso espositivo si apre con l’opera ad olio su tela di proprietà di BPER Banca – “Sansone abbatte il tempio” – che consente di approfondire la fase iniziale del pittore, connotata da un marcato intento scenografico e teatrale, rendendo conto dei suoi primi interessi, orientati verso il genere del “capriccio architettonico”. Il dipinto è posto, quindi, in dialogo con due tele dello stesso autore, provenienti dal Museo Civico d’Arte di Modena: una seconda opera intitolata “Sansone abbatte il tempio” e un dipinto dedicato all’“Incendio di Troia”.
«Queste tele – scrive la curatrice – con la loro affascinante commistione di artificio e verità ci immergono nel mondo effimero e vivace dei teatri e della scenografia della corte estense agli inizi del Settecento e ci rimandano a quelle suggestive ‘apparenze di scena’ che si susseguivano sapientemente durante gli spettacoli: ‘atrii grandi illuminati, fabbriche remote e rovinate, fabbriche diroccate’. Già nel secolo precedente si erano affermate a Modena con grande successo le specializzazioni pittoriche del quadraturismo, del rovinismo e della scenografia prospettica. Nella città estense di primo Seicento, da poco assurta al rango di capitale del ducato, vengono impiegati progettisti e scenografi, architetti e noti pittori che, all’occasione, si cimentano in ardite invenzioni per offrire al pubblico artifici mirabolanti e soddisfare le richieste di una corte consapevole dell’importanza del messaggio dell’arte ai fini della propria celebrazione. Provengono in gran parte dalla vicina Bologna, il centro propulsore della cultura scenografica e teatrale del tempo, e realizzano imprese decorative assai vaste mostrandosi in grado anche di creare apparati scenici e festivi di carattere effimero: macchine, caroselli, tornei, giochi d’acqua e ‘fuochi d’allegrezza’. La tradizione scenografica emiliana riceve un impulso decisivo, tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento, con l’adozione della “scena per angolo” per opera di Ferdinando Galli Bibiena, del tutto innovativa rispetto alle tradizionali costruzioni prospettiche a unico asse centrale di ascendenza rinascimentale tipiche del teatro barocco. In questo contesto culturale si inserisce la produzione giovanile di Antonio Joli. Le opere qui presentate, nella soluzione del taglio obliquo della veduta, nei motivi di balaustre e di balconate aggettanti, denunciano un puntuale rimando ai dettami bibieneschi. Senza dubbio, per la loro forte evocazione di macchine e quinte teatrali, costituiscono trasposizioni di scenografie smarrite da collegare a opere musicali messe in scena intorno al 1725 al suo ritorno da Roma. In particolare nel Sansone la bellissima invenzione di rappresentare il crollo in atto costituisce una rarissima annotazione di tecnica teatrale, il cosiddetto ‘diroccamento a vista’, in cui, una macchina teatrale azionata per mezzo di complesse manovre di funi, pesi e contrappesi, anziché rappresentare staticamente un cumulo di macerie, fissa la dinamica del crollo proprio nel momento in cui l’architettura sta per abbattersi con fragore sul palcoscenico».
«Per il primo anno BPER Banca è main sponsor del festival e ciò conferma la concreta politica a sostegno della cultura, nelle sue diverse espressioni, avviata da tempo con numerosi interventi che affiancano all’attività bancaria specifica un’attenzione particolare ai progetti e alle iniziative di maggiore rilevanza provenienti dalle comunità servite – afferma il Presidente di BPER Banca Pietro Ferrari. La preziosa collaborazione con il Museo Civico d’Arte di Modena conferma, inoltre, la volontà di BPER Banca di creare una rete con le istituzioni cittadine, fondamentale soprattutto in questo momento di ripresa. Questa partnership, dunque, completa e vivifica un ampio progetto di collaborazione culturale e costituisce, al contempo, un nuovo importante tassello delle nostre attività di responsabilità sociale. Affrontare insieme l’incertezza è la chiave per garantire alla comunità un nuovo inizio positivo, partendo proprio dalla cultura».
Altri eventi dell'inserzionista
Identità alterate
11/06/2016 - 31/07/2016
Viareggio (LU) - Toscana
Inserito da CSArt Serri
Le “Identità alterate” dello scultore Emanuele Giannelli dall’11 giugno al 31 luglio 2016 nella storica sede di Villa Argentina a Viareggio (LU). Curata da Niccolò Bonechi, la mostra sarà inaugurata sabato 11 giugno alle ore 17.30.
La personale, promossa dalla Provincia di Lucca con il patrocinio dei Comuni di Lucca, Viareggio, Pietrasanta, Forte dei Marmi, Seravezza e Camaiore, raccoglie una ventina di opere in resina, oltre ad alcune sculture in bronzo e terracotta, tutte realizzate dal 2009 al 2016.
Il titolo dell’esposizione – “Identità alterate” – fa riferimento alla ricerca dell’artista, tesa a rappresentare esseri dalle sembianze umane, ma appartenenti ad una realtà “altra”, futuribile. Le sue figure, infatti, presentano elementi di dissonanza, metafora della difficoltà dell’uomo d’oggi ad affrontare la propria contemporaneità.
«Identità alterate – spiega il curatore – è una mostra monografica dell’artista Emanuele Giannelli, non un’antologica, da cui peraltro si è cercato di prendere nettamente le distanze. Non vi è qui autoreferenzialità, tanto meno alcun intento celebrativo. Giannelli è un artista che non ha tempo per guardarsi alle spalle, ma punta deciso verso nuove opportunità: tramite il medium della scultura, intende indagare gli sviluppi della società contemporanea, avendo pur sempre come riferimento unico l’essere umano».
Il percorso espositivo si sviluppa al primo ed al secondo piano della villa liberty, recentemente restaurata ed adibita a sede espositiva. Dai lavori museali (“Mr Kiribaty”, 2016), allestiti nelle prime sale, ad “Haida” (2009), “I visionari” (2012), “Sospesi” (2014), “Dizzy two” (2014) e “Polaroid” (2015). Opere caratterizzate da un’anatomia mutante, gruppi scultorei in cui la figura umana viene replicata perché, dichiara l’autore, «l’uomo è produttore ed allo stesso tempo consumatore, oggetto che fa mostra di sé all’interno dello scaffale di un supermercato».
La mostra, realizzata con il contributo di Banca di Credito Cooperativo Versilia, Lunigiana e Garfagnana e La Stanza dei Bambini (Forte dei Marmi e Querceta), sarà visitabile fino al 31 luglio 2016, da martedì a sabato con orario 10.00-13.00 e 16.00-24.00, domenica orario 16.00-24.00, chiuso lunedì. Ingresso libero.
La presentazione del catalogo bilingue italiano / inglese con un testo di Niccolò Bonechi si terrà domenica 3 luglio con una performance di danza del gruppo Keos Dance Project.
Per contattare la sede espositiva: T. +39 0584 48881, musei@provincia.lucca.it. Per maggiori informazioni: T. +39 366 1843396, emanuele.giannelli@virgilio.it, www.emanuelegiannelli.it.
Emauele Giannelli nasce a Roma nel 1962. Nel 1981 si trasferisce in Toscana, dove si laurea all’Accademia di Belle Arti di Carrara, sezione Scultura. Nel suo lavoro ha espresso contenuti che vanno dalla pop art all’industriale, ripetizioni seriali dove l’uomo, ingranaggio, ha comunque il suo centro. In seguito la sua ricerca artistica si è indirizzata verso la cultura cibernetica: visioni aeree di città industriali, scenari alla Philip K. Dick dove l’uomo è costretto continuamente a ridiscutere il proprio ruolo e la propria esistenza. I materiali prediletti da Giannelli sono anche oggetti di recupero: scarti di una società industriale e consumistica che divora a ritmo vertiginoso i propri prodotti. Negli ultimi anni, a partire da “Sospesi” ed “Haida”, è ritornato alla figurazione classica. Lavora gesso, resina, bronzo e terracotta. Ha al suo attivo numerose mostre in Italia e all’estero. Tra le recenti personali si segnalano “To lie or not to lie” (Galleria Emmeotto, Palazzo Taverna, Roma, 2015, a cura di Gianluca Marziani), “Piccole opere” (Marina di Carrara, 2015), “To lie or not to lie” (Palazzo Collicola, Spoleto, 2015). Tra le recenti collettive, “Collettiva” (Galleria Numero 38, Lucca, 2015), “Guerra e Pace” (La Spezia, 2015, a cura di Mara Borzone), “Imago Mundi” (Fabrica, Torino, 2015, a cura di Luca Beatrice), “La scultura è una cosa seria” (Galleria Bonioni Arte, Reggio Emilia, 2016, a cura di Niccolò Bonechi). Vive e lavora nelle vicinanze di Pietrasanta.
La personale, promossa dalla Provincia di Lucca con il patrocinio dei Comuni di Lucca, Viareggio, Pietrasanta, Forte dei Marmi, Seravezza e Camaiore, raccoglie una ventina di opere in resina, oltre ad alcune sculture in bronzo e terracotta, tutte realizzate dal 2009 al 2016.
Il titolo dell’esposizione – “Identità alterate” – fa riferimento alla ricerca dell’artista, tesa a rappresentare esseri dalle sembianze umane, ma appartenenti ad una realtà “altra”, futuribile. Le sue figure, infatti, presentano elementi di dissonanza, metafora della difficoltà dell’uomo d’oggi ad affrontare la propria contemporaneità.
«Identità alterate – spiega il curatore – è una mostra monografica dell’artista Emanuele Giannelli, non un’antologica, da cui peraltro si è cercato di prendere nettamente le distanze. Non vi è qui autoreferenzialità, tanto meno alcun intento celebrativo. Giannelli è un artista che non ha tempo per guardarsi alle spalle, ma punta deciso verso nuove opportunità: tramite il medium della scultura, intende indagare gli sviluppi della società contemporanea, avendo pur sempre come riferimento unico l’essere umano».
Il percorso espositivo si sviluppa al primo ed al secondo piano della villa liberty, recentemente restaurata ed adibita a sede espositiva. Dai lavori museali (“Mr Kiribaty”, 2016), allestiti nelle prime sale, ad “Haida” (2009), “I visionari” (2012), “Sospesi” (2014), “Dizzy two” (2014) e “Polaroid” (2015). Opere caratterizzate da un’anatomia mutante, gruppi scultorei in cui la figura umana viene replicata perché, dichiara l’autore, «l’uomo è produttore ed allo stesso tempo consumatore, oggetto che fa mostra di sé all’interno dello scaffale di un supermercato».
La mostra, realizzata con il contributo di Banca di Credito Cooperativo Versilia, Lunigiana e Garfagnana e La Stanza dei Bambini (Forte dei Marmi e Querceta), sarà visitabile fino al 31 luglio 2016, da martedì a sabato con orario 10.00-13.00 e 16.00-24.00, domenica orario 16.00-24.00, chiuso lunedì. Ingresso libero.
La presentazione del catalogo bilingue italiano / inglese con un testo di Niccolò Bonechi si terrà domenica 3 luglio con una performance di danza del gruppo Keos Dance Project.
Per contattare la sede espositiva: T. +39 0584 48881, musei@provincia.lucca.it. Per maggiori informazioni: T. +39 366 1843396, emanuele.giannelli@virgilio.it, www.emanuelegiannelli.it.
Emauele Giannelli nasce a Roma nel 1962. Nel 1981 si trasferisce in Toscana, dove si laurea all’Accademia di Belle Arti di Carrara, sezione Scultura. Nel suo lavoro ha espresso contenuti che vanno dalla pop art all’industriale, ripetizioni seriali dove l’uomo, ingranaggio, ha comunque il suo centro. In seguito la sua ricerca artistica si è indirizzata verso la cultura cibernetica: visioni aeree di città industriali, scenari alla Philip K. Dick dove l’uomo è costretto continuamente a ridiscutere il proprio ruolo e la propria esistenza. I materiali prediletti da Giannelli sono anche oggetti di recupero: scarti di una società industriale e consumistica che divora a ritmo vertiginoso i propri prodotti. Negli ultimi anni, a partire da “Sospesi” ed “Haida”, è ritornato alla figurazione classica. Lavora gesso, resina, bronzo e terracotta. Ha al suo attivo numerose mostre in Italia e all’estero. Tra le recenti personali si segnalano “To lie or not to lie” (Galleria Emmeotto, Palazzo Taverna, Roma, 2015, a cura di Gianluca Marziani), “Piccole opere” (Marina di Carrara, 2015), “To lie or not to lie” (Palazzo Collicola, Spoleto, 2015). Tra le recenti collettive, “Collettiva” (Galleria Numero 38, Lucca, 2015), “Guerra e Pace” (La Spezia, 2015, a cura di Mara Borzone), “Imago Mundi” (Fabrica, Torino, 2015, a cura di Luca Beatrice), “La scultura è una cosa seria” (Galleria Bonioni Arte, Reggio Emilia, 2016, a cura di Niccolò Bonechi). Vive e lavora nelle vicinanze di Pietrasanta.
Sutherland-Vangi. Un alto dialogo tra pittura e scultura
16/12/2016 - 12/03/2017
Asti (AT) - Piemonte
Inserito da CSArt Serri
Dal 17 dicembre 2016 al 12 marzo 2017 Palazzo Mazzetti (Corso Vittorio Alfieri 357, Asti) ospita la mostra “Sutherland-Vangi. Un alto dialogo tra pittura e scultura”, a cura di Francesco Poli.
L’esposizione, promossa da Fondazione Palazzo Mazzetti e Città di Asti, con il sostegno di Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, è realizzata con il patrocinio di Regione Piemonte e Provincia di Asti.
La Fondazione Palazzo Mazzetti ha portato nell’antica residenza settecentesca di Asti un evento espositivo che presenta, in un dialogo stimolante, opere dipinte e opere plastiche modellate. Alla base di questo progetto che dedica, in contemporanea, due mostre antologiche a Graham Sutherland (1903-1980), protagonista della scena artistica britannica, e a Giuliano Vangi, tra i più grandi scultori figurativi della nostra epoca, c’è la stretta amicizia del collezionista torinese Gianni Tinto con l’artista toscano e l’ammirazione condivisa per Sutherland.
Graham Sutherland arriva al successo internazionale a partire dal secondo dopoguerra. La sua figurazione carica di profonde impressioni naturalistiche con inquietanti valenze esistenziali, caratterizzata da surreali suggestioni biomorfiche e meccanomorfiche, influenza molto giovani artisti, confrontandosi dialetticamente anche con le tendenze informali degli anni ’50. Dopo l’esplosione delle neoavanguardie degli anni ‘60/70 e la svolta postmoderna dei decenni successivi, la qualità formale, espressiva e visionaria della sua pittura ha continuato a mantenere intatto il suo autentico fascino. Alla base dell’intensa visione poetica della natura di Sutherland ci sono due fondamentali componenti culturali: da un lato quella storica, legata all’estetica romantica e alla grande tradizione del paesaggismo inglese e in genere nordico, e dall’altro lato quella moderna d’avanguardia del biomorfismo metamorfico di matrice surrealista. L’autoritratto dell’artista (di cui esiste solo una versione alla National Portrait Gallery di Londra) inaugura il percorso della mostra.
In una recente intervista, Giuliano Vangi ha dichiarato: «L’uomo di oggi e la sua lotta contro un mondo ostile resta comunque il tema fondamentale della mia opera, tutto il resto m’interessa poco. Voglio raccontare i suoi conflitti interiori e i problemi che affronta a livello sociale, solo così sento di essere a posto con la mia coscienza: aver ‘raccontato’ qualcosa che riguarda tutti gli uomini e non essermi limitato alle mie piccole gioie o dolori personali». La mostra antologica a Palazzo Mazzetti presenta, con un’attenta regia allestitiva, ventisei sculture di varia grandezza realizzate negli ultimi decenni, accompagnate da una decina di grandi disegni di studio; opere che documentano in tutte le sue complesse sfaccettature (esistenziali, aggressive, drammatiche, stranianti, enigmatiche, suggestive, seducenti) la singolare trasformazione delle figure umane in organismi plastici, dotati di una intensa vitalità estetica essenzialmente legata alla capacità dell’artista di controllare e far fluire nelle forme statuarie l’espressività primaria dei materiali costitutivi.
L’esposizione sarà inaugurata venerdì 16 dicembre alle ore 18.00. A seguire rinfresco con la partecipazione speciale dell’Associazione Produttori del Nizza docg e presentazione a cura del Presidente Gianni Bertolino della nuova denominazione punta di diamante di un Territorio di eccellenze.
La mostra sarà aperta al pubblico fino al 12 marzo 2017. Orari: fino al 28 febbraio, da martedì a domenica ore 10.30-18.30; dal 1 al 12 marzo, da martedì a domenica ore 9.30-19.30. Catalogo Silvana Editoriale. Biglietto intero: € 5,00, ridotto € 3,00. SmarTicket acquistabile presso la biglietteria di Palazzo Mazzetti. Per informazioni: tel. 0141 530403, info@palazzomazzetti.it, www.palazzomazzetti.it.
L’esposizione, promossa da Fondazione Palazzo Mazzetti e Città di Asti, con il sostegno di Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, è realizzata con il patrocinio di Regione Piemonte e Provincia di Asti.
La Fondazione Palazzo Mazzetti ha portato nell’antica residenza settecentesca di Asti un evento espositivo che presenta, in un dialogo stimolante, opere dipinte e opere plastiche modellate. Alla base di questo progetto che dedica, in contemporanea, due mostre antologiche a Graham Sutherland (1903-1980), protagonista della scena artistica britannica, e a Giuliano Vangi, tra i più grandi scultori figurativi della nostra epoca, c’è la stretta amicizia del collezionista torinese Gianni Tinto con l’artista toscano e l’ammirazione condivisa per Sutherland.
Graham Sutherland arriva al successo internazionale a partire dal secondo dopoguerra. La sua figurazione carica di profonde impressioni naturalistiche con inquietanti valenze esistenziali, caratterizzata da surreali suggestioni biomorfiche e meccanomorfiche, influenza molto giovani artisti, confrontandosi dialetticamente anche con le tendenze informali degli anni ’50. Dopo l’esplosione delle neoavanguardie degli anni ‘60/70 e la svolta postmoderna dei decenni successivi, la qualità formale, espressiva e visionaria della sua pittura ha continuato a mantenere intatto il suo autentico fascino. Alla base dell’intensa visione poetica della natura di Sutherland ci sono due fondamentali componenti culturali: da un lato quella storica, legata all’estetica romantica e alla grande tradizione del paesaggismo inglese e in genere nordico, e dall’altro lato quella moderna d’avanguardia del biomorfismo metamorfico di matrice surrealista. L’autoritratto dell’artista (di cui esiste solo una versione alla National Portrait Gallery di Londra) inaugura il percorso della mostra.
In una recente intervista, Giuliano Vangi ha dichiarato: «L’uomo di oggi e la sua lotta contro un mondo ostile resta comunque il tema fondamentale della mia opera, tutto il resto m’interessa poco. Voglio raccontare i suoi conflitti interiori e i problemi che affronta a livello sociale, solo così sento di essere a posto con la mia coscienza: aver ‘raccontato’ qualcosa che riguarda tutti gli uomini e non essermi limitato alle mie piccole gioie o dolori personali». La mostra antologica a Palazzo Mazzetti presenta, con un’attenta regia allestitiva, ventisei sculture di varia grandezza realizzate negli ultimi decenni, accompagnate da una decina di grandi disegni di studio; opere che documentano in tutte le sue complesse sfaccettature (esistenziali, aggressive, drammatiche, stranianti, enigmatiche, suggestive, seducenti) la singolare trasformazione delle figure umane in organismi plastici, dotati di una intensa vitalità estetica essenzialmente legata alla capacità dell’artista di controllare e far fluire nelle forme statuarie l’espressività primaria dei materiali costitutivi.
L’esposizione sarà inaugurata venerdì 16 dicembre alle ore 18.00. A seguire rinfresco con la partecipazione speciale dell’Associazione Produttori del Nizza docg e presentazione a cura del Presidente Gianni Bertolino della nuova denominazione punta di diamante di un Territorio di eccellenze.
La mostra sarà aperta al pubblico fino al 12 marzo 2017. Orari: fino al 28 febbraio, da martedì a domenica ore 10.30-18.30; dal 1 al 12 marzo, da martedì a domenica ore 9.30-19.30. Catalogo Silvana Editoriale. Biglietto intero: € 5,00, ridotto € 3,00. SmarTicket acquistabile presso la biglietteria di Palazzo Mazzetti. Per informazioni: tel. 0141 530403, info@palazzomazzetti.it, www.palazzomazzetti.it.
Eventi che potrebbero interessarti
Kai-Uwe Schulte-Bunert, Via Emilia Souvenir Shop
30/04/2016 - 02/06/2016
Asti (AT) - Piemonte
Inserito da CSArt Serri
La Galleria 8,75 Artecontemporanea di Reggio Emilia (Corso Garibaldi, 4) presenta, dal 30 aprile al 1 giugno 2016, “Via Emilia Souvenir Shop”, mostra personale di Kai-Uwe Schulte-Bunert, inserita nel Circuito Off di “Fotografia Europea”. Curata da Chiara Serri, l’esposizione sarà inaugurata sabato 30 aprile alle ore 17.00.
Per l’occasione, la Galleria si trasforma in un inedito “Souvenir Shop”, dove le memorie personali del fotografo, raccolte negli anni lungo la direttrice storica della via Emilia, si associano allo sguardo del visitatore, che ha la possibilità di fare proprio il ricordo perfetto, l’immagine che meglio sintetizza il suo viaggio.
In esposizione, un’ampia selezione di fotografie scattate negli ultimi dieci anni. Dalla serie “Passaggi” (2005-2006), che documenta il rapido cambiamento all’interno dei primi cantieri di Santiago Calatrava, a “Fondo vivo” (2009) e “Normale” (2012), che colgono istanti unici di banale quotidianità, fino all’anteprima del progetto “In between” (2014-2015), dedicato alle Officine Meccaniche Reggiane. La mostra si completa, inoltre, con “11x11” (2011) e “Baustelle” (2012), progetti dedicati allo scorrere del tempo, e con l’anteprima della serie “Colonia” (2014), incentrata sull’uso del colore da parte dell’architetto Edoardo Gellner all’interno del Villaggio Eni di Borca di Cadore (BL).
«Opere – scrive Chiara Serri – tra loro molto diverse, ma che presentano alcune costanti riferibili agli interessi dell’autore e alle scelte linguistiche maturate nel tempo. In primo luogo l’odore del cemento, il fermento del cantiere, la possibilità di rendere eterni attimi che non torneranno più, quindi l’idea stessa del muro, che si carica di ulteriori significati se associata alla storia di un fotografo nato in Germania Est. E poi la teatralità della scena, l’equilibrio compositivo, la visione ampia che dal particolare muove all’universale, alla società, al rapporto tra l’uomo (grande assente) e il paesaggio che porta le sue tracce».
L’esposizione sarà visitabile fino al 1 giugno 2016, di martedì, mercoledì, venerdì, sabato ore 17.30-19.30, oppure su appuntamento; sabato 7 e domenica 8 maggio ore 10.30-12.30 e 17.30-19.30. Ingresso libero. Per informazioni: tel. 340 3545183, ginodifrenna875arte@yahoo.it, www.csart.it/875.
Kai-Uwe Schulte-Bunert nasce nel 1969 in Germania Est. Studia storia dell’arte e pubblicità. Dal 1999 si dedica esclusivamente alla fotografia. Nel 2002 avvia una personale ricerca sulle relazioni tra uomo, architettura e paesaggio, prendendo parte a mostre personali, collettive e festival fotografici italiani ed internazionali. Pubblica diversi libri e cataloghi. Vive tra Reggio Emilia e Berlino.
Per l’occasione, la Galleria si trasforma in un inedito “Souvenir Shop”, dove le memorie personali del fotografo, raccolte negli anni lungo la direttrice storica della via Emilia, si associano allo sguardo del visitatore, che ha la possibilità di fare proprio il ricordo perfetto, l’immagine che meglio sintetizza il suo viaggio.
In esposizione, un’ampia selezione di fotografie scattate negli ultimi dieci anni. Dalla serie “Passaggi” (2005-2006), che documenta il rapido cambiamento all’interno dei primi cantieri di Santiago Calatrava, a “Fondo vivo” (2009) e “Normale” (2012), che colgono istanti unici di banale quotidianità, fino all’anteprima del progetto “In between” (2014-2015), dedicato alle Officine Meccaniche Reggiane. La mostra si completa, inoltre, con “11x11” (2011) e “Baustelle” (2012), progetti dedicati allo scorrere del tempo, e con l’anteprima della serie “Colonia” (2014), incentrata sull’uso del colore da parte dell’architetto Edoardo Gellner all’interno del Villaggio Eni di Borca di Cadore (BL).
«Opere – scrive Chiara Serri – tra loro molto diverse, ma che presentano alcune costanti riferibili agli interessi dell’autore e alle scelte linguistiche maturate nel tempo. In primo luogo l’odore del cemento, il fermento del cantiere, la possibilità di rendere eterni attimi che non torneranno più, quindi l’idea stessa del muro, che si carica di ulteriori significati se associata alla storia di un fotografo nato in Germania Est. E poi la teatralità della scena, l’equilibrio compositivo, la visione ampia che dal particolare muove all’universale, alla società, al rapporto tra l’uomo (grande assente) e il paesaggio che porta le sue tracce».
L’esposizione sarà visitabile fino al 1 giugno 2016, di martedì, mercoledì, venerdì, sabato ore 17.30-19.30, oppure su appuntamento; sabato 7 e domenica 8 maggio ore 10.30-12.30 e 17.30-19.30. Ingresso libero. Per informazioni: tel. 340 3545183, ginodifrenna875arte@yahoo.it, www.csart.it/875.
Kai-Uwe Schulte-Bunert nasce nel 1969 in Germania Est. Studia storia dell’arte e pubblicità. Dal 1999 si dedica esclusivamente alla fotografia. Nel 2002 avvia una personale ricerca sulle relazioni tra uomo, architettura e paesaggio, prendendo parte a mostre personali, collettive e festival fotografici italiani ed internazionali. Pubblica diversi libri e cataloghi. Vive tra Reggio Emilia e Berlino.
Colori polari
27/02/2016 - 10/04/2016
Asti (AT) - Piemonte
Inserito da CSArt Serri
La Galleria d’Arte 2000 & NOVECENTO di Reggio Emilia (Via Sessi, 1/F) presenta, dal 27 febbraio al 10 aprile 2016, “Colori polari”, esposizione collettiva con opere di Mario Ballocco, Pino Pascali, Pino Pinelli, Antonio Sanfilippo ed altri autori contemporanei.
Il titolo della mostra – “Colori polari” – fa riferimento alla dominante cromatica delle opere esposte, accomunate dalla presenza del bianco, del rosso e del nero, ossia dei tre “poli” attorno ai quali si articolano tutti i sistemi simbolici legati all’uso del colore sino all’epoca altomedievale, con numerosi rimandi in fiabe, miti e leggende.
In mostra, gli “inganni” della visione di Ballocco, artista milanese che concepiva il quadro come verifica percettiva di un risultato sperimentale, due tempere del 1963 di Pascali, bozzetti realizzati per la copertina della rivista dell’INAPLI (Istituto Nazionale per l’Addestramento e il Perfezionamento dei Lavoratori dell’Industria), un dittico tattile di Pinelli che vede l’utilizzo congiunto di pigmenti e materia plastica, nonché una grande tempera su tela del 1961 di Sanfilippo, maestro dell’Astrattismo europeo.
Il percorso espositivo comprende, inoltre, opere selezionate di Enrico Della Torre, Massimiliano Galliani, Omar Galliani, Marco Gastini, Giorgio Griffa, Antonio Ligabue, Carlo Mattioli, Nunzio, Paola Pezzi e Piero Ruggeri.
Nell’ambito della mostra, sabato 5 marzo 2016, alle ore 18, si terrà la presentazione della nuova produzione litografica di Massimiliano Galliani, nata da un’analisi lenticolare della “Gioconda” di Leonardo Da Vinci. Ad illustrare le opere, Alberto Zanchetta, Direttore del Museo d’Arte Contemporanea di Lissone e curatore delle personali dell’artista recentemente allestite presso lo Spazioborgogno di Milano e la Sinagoga di Reggio Emilia. Nel corso della serata, si terrà un intervento di Massimiliano Galliani su una litografia originale.
Le opere pittoriche e le litografie della serie “Le Strade Del Tempo” riproducono le screpolature formatesi negli anni sul capolavoro del Louvre. Affascinato dalla casualità delle linee, l’artista ha deciso di esplorare questo intrico di strade avvalendosi di diversi supporti e materiali.
«Di primo acchito – scrive Alberto Zanchetta – nei quadri di Massimiliano Galliani non è possibile riconoscere lo sguardo ipnotico, seducente e sibillino della Gioconda. Dobbiamo frapporre tra lei e noi una distanza, non solo corporea ma persino cronologica. Più ci avviciniamo ad essa e più ci smarriamo nei suoi intrichi di segni. In queste crepe-rughe, l’artista ha riconosciuto delle Strade, “percorsi” che da lontano si infittiscono fino a farci riconoscere il luogo-volto dipinto da Leonardo, da vicino perdono invece ogni connotazione somatica, si astraggono facendo perdere noi stessi dentro loro…».
La mostra è visitabile fino al 10 aprile 2016, tutti i giorni con orario 10-12,30 e 16-19,30, aperto anche domenica e festivi. Ingresso libero. Per informazioni: tel. 0522 580143, duemilanovecento@tin.it, c www.facebook.com/duemilanovecento.
Il titolo della mostra – “Colori polari” – fa riferimento alla dominante cromatica delle opere esposte, accomunate dalla presenza del bianco, del rosso e del nero, ossia dei tre “poli” attorno ai quali si articolano tutti i sistemi simbolici legati all’uso del colore sino all’epoca altomedievale, con numerosi rimandi in fiabe, miti e leggende.
In mostra, gli “inganni” della visione di Ballocco, artista milanese che concepiva il quadro come verifica percettiva di un risultato sperimentale, due tempere del 1963 di Pascali, bozzetti realizzati per la copertina della rivista dell’INAPLI (Istituto Nazionale per l’Addestramento e il Perfezionamento dei Lavoratori dell’Industria), un dittico tattile di Pinelli che vede l’utilizzo congiunto di pigmenti e materia plastica, nonché una grande tempera su tela del 1961 di Sanfilippo, maestro dell’Astrattismo europeo.
Il percorso espositivo comprende, inoltre, opere selezionate di Enrico Della Torre, Massimiliano Galliani, Omar Galliani, Marco Gastini, Giorgio Griffa, Antonio Ligabue, Carlo Mattioli, Nunzio, Paola Pezzi e Piero Ruggeri.
Nell’ambito della mostra, sabato 5 marzo 2016, alle ore 18, si terrà la presentazione della nuova produzione litografica di Massimiliano Galliani, nata da un’analisi lenticolare della “Gioconda” di Leonardo Da Vinci. Ad illustrare le opere, Alberto Zanchetta, Direttore del Museo d’Arte Contemporanea di Lissone e curatore delle personali dell’artista recentemente allestite presso lo Spazioborgogno di Milano e la Sinagoga di Reggio Emilia. Nel corso della serata, si terrà un intervento di Massimiliano Galliani su una litografia originale.
Le opere pittoriche e le litografie della serie “Le Strade Del Tempo” riproducono le screpolature formatesi negli anni sul capolavoro del Louvre. Affascinato dalla casualità delle linee, l’artista ha deciso di esplorare questo intrico di strade avvalendosi di diversi supporti e materiali.
«Di primo acchito – scrive Alberto Zanchetta – nei quadri di Massimiliano Galliani non è possibile riconoscere lo sguardo ipnotico, seducente e sibillino della Gioconda. Dobbiamo frapporre tra lei e noi una distanza, non solo corporea ma persino cronologica. Più ci avviciniamo ad essa e più ci smarriamo nei suoi intrichi di segni. In queste crepe-rughe, l’artista ha riconosciuto delle Strade, “percorsi” che da lontano si infittiscono fino a farci riconoscere il luogo-volto dipinto da Leonardo, da vicino perdono invece ogni connotazione somatica, si astraggono facendo perdere noi stessi dentro loro…».
La mostra è visitabile fino al 10 aprile 2016, tutti i giorni con orario 10-12,30 e 16-19,30, aperto anche domenica e festivi. Ingresso libero. Per informazioni: tel. 0522 580143, duemilanovecento@tin.it, c www.facebook.com/duemilanovecento.