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Evento: Flos, Floris - La declinazione di un fiore
28/05/2017 - 01/07/2017
Dettagli
Data di inserimento: | 15/05/2017 - 11:23 |
Luogo: | Reggio nell'Emilia (RE) - Emilia-Romagna |
Data di inizio: | 28/05/2017 |
Data di fine | 01/07/2017 |
Descrizione
La Cantina Albinea Canali (Via Tassoni 213, Reggio Emilia) rende omaggio a Flora, divinità romana della fioritura, protettrice della vite e degli alberi da frutto, con la mostra “Flos, floris. La declinazione di un fiore”, curata da Luigi Borettini con opere pittoriche e fotografiche di Pietro Bandini, Carlo Ferrari, Giulio Montecchi e Sonia Strukul.
Realizzata in occasione della XXV edizione di “Cantine Aperte”, l’esposizione sarà inaugurata domenica 28 maggio 2017, alle ore 11.00. Saranno presenti al vernissage, oltre agli artisti invitati, Luigi Borettini (curatore), Stefano Colli (Event Manager Cantina Albinea Canali) e Ottavia Soncini (Vicepresidente dell’Assemblea Legislativa dell’Emilia Romagna).
«Un progetto che – spiega il curatore – desidera approfondire il tema della “Natura” posto in essere dalla precedente mostra, focalizzando questa volta l’attenzione sui fiori, reali o immaginari, e più in generale sulle varierà animali e vegetali che “abitano” il nostro territorio, parti fondanti di una biodiversità da tutelare e preservare».
Il percorso espositivo si articola in due sezioni: al primo piano, rispettivamente nella Sala dell’Ottocento e nella Sala dei Cavalieri, le ricerche pittoriche di Carlo Ferrari e Sonia Strukul; a piano terra, nella Sala delle Capriate, le fotografie di Pietro Bandini e Giulio Montecchi.
La ricerca di Carlo Ferrari é caratterizzata da una grande perizia tecnica, maturata attraverso lo studio dei maestri del tardo Cinquecento e del Seicento, così come da una scelta tematica che privilegia papaveri rossi, calle e amarillis. Nel panorama della pittura contemporanea, è uno dei pochissimi artisti che utilizza i materiali classici – colori naturali, olio di cartamo o di papavero, tele rigorosamente di lino – per studiare la luce promanata dal pigmento stesso, steso per velature successive.
Sonia Strukul, sulla scia dei pittori veneti del Cinquecento, è attratta dalla luce e dal colore. Tra i suoi temi ricorrenti: il camaleonte, animale mutevole, metafora di cambiamento ed adattabilità, ed il paesaggio, luogo in cui si esplica l’interiorità e, allo stesso tempo, si organizzano realtà complesse. Da alcune importanti collaborazioni nell’ambito del tessuto e del gioiello, trae l’utilizzo dei cristalli Swarovski, applicati uno ad uno sulla tela per esaltare la rifrazione luminosa.
La fotografia per Pietro Bandini è stratificazione di memorie ed immagini. Esposizioni multiple, ottenute in fase di ripresa, attraverso le quali descrive paesaggi umani e naturali. Atmosfere oniriche, apparizioni misteriose, composizioni surreali che catturano lo sguardo dello spettatore, conducendolo oltre la superficie dell’immagine. Fedele alla fotografia analogica in bianco e nero, l’autore stampa le sue opere su carta cotone, che esalta le forme restituendo un senso di tridimensionalità.
Giulio Montecchi si occupa dagli anni Ottanta di fotografia naturalistica. Ogni suo fotogramma si compone di tre elementi fondamentali: l’insetto, generalmente in movimento, l’inserto vegetale, che arricchisce l’inquadratura, ed il fondale dipinto, che dona profondità all’immagine. Puntando l’obiettivo sull’infinitamente piccolo, focalizza l’attenzione su animali e piante di uno stesso ambiente, la cui sopravvivenza dipende dall’integrazione delle diverse specie.
Realizzata con il patrocinio del Comune di Albinea (Re), la mostra sarà visitabile fino al 1 luglio 2017, da martedì a sabato ore 9.00-12.00 e 15.00-18.00; chiuso 2 giugno. Ingresso libero. Nel corso dell’esposizione si terranno diversi incontri. Il programma completo sarà pubblicato sulla pagina facebook della Cantina: www.facebook/albineacanali. Per informazioni e prenotazioni: tel. 0522 569505, canali@riunite.it, scolli@riunite.it.
Situata sulla principale strada di collegamento tra Reggio Emilia ed Albinea, la Cantina Albinea Canali nasce nel 1936 riunendo diversi vignaioli del Lambrusco e dell’Ancellotta e arrivando a contare, negli anni successivi, centosettanta conferenti. La Cantina Albinea Canali raccoglie le uve di un ristretto bacino, in una delle aree di maggior pregio, sotto il profilo dei suoli e del clima, dell’intera provincia reggiana. Dopo un accurato intervento di restauro conservativo, la sede affianca oggi alla produzione di vini di qualità anche una vasta gamma di servizi al pubblico, tra cui l’enoteca, la sala degustazione ed il Centro Convegni Albinea Canali, con sette ambienti, dotati di moderni impianti tecnologici, ideali per ospitare meeting e grandi eventi.
Realizzata in occasione della XXV edizione di “Cantine Aperte”, l’esposizione sarà inaugurata domenica 28 maggio 2017, alle ore 11.00. Saranno presenti al vernissage, oltre agli artisti invitati, Luigi Borettini (curatore), Stefano Colli (Event Manager Cantina Albinea Canali) e Ottavia Soncini (Vicepresidente dell’Assemblea Legislativa dell’Emilia Romagna).
«Un progetto che – spiega il curatore – desidera approfondire il tema della “Natura” posto in essere dalla precedente mostra, focalizzando questa volta l’attenzione sui fiori, reali o immaginari, e più in generale sulle varierà animali e vegetali che “abitano” il nostro territorio, parti fondanti di una biodiversità da tutelare e preservare».
Il percorso espositivo si articola in due sezioni: al primo piano, rispettivamente nella Sala dell’Ottocento e nella Sala dei Cavalieri, le ricerche pittoriche di Carlo Ferrari e Sonia Strukul; a piano terra, nella Sala delle Capriate, le fotografie di Pietro Bandini e Giulio Montecchi.
La ricerca di Carlo Ferrari é caratterizzata da una grande perizia tecnica, maturata attraverso lo studio dei maestri del tardo Cinquecento e del Seicento, così come da una scelta tematica che privilegia papaveri rossi, calle e amarillis. Nel panorama della pittura contemporanea, è uno dei pochissimi artisti che utilizza i materiali classici – colori naturali, olio di cartamo o di papavero, tele rigorosamente di lino – per studiare la luce promanata dal pigmento stesso, steso per velature successive.
Sonia Strukul, sulla scia dei pittori veneti del Cinquecento, è attratta dalla luce e dal colore. Tra i suoi temi ricorrenti: il camaleonte, animale mutevole, metafora di cambiamento ed adattabilità, ed il paesaggio, luogo in cui si esplica l’interiorità e, allo stesso tempo, si organizzano realtà complesse. Da alcune importanti collaborazioni nell’ambito del tessuto e del gioiello, trae l’utilizzo dei cristalli Swarovski, applicati uno ad uno sulla tela per esaltare la rifrazione luminosa.
La fotografia per Pietro Bandini è stratificazione di memorie ed immagini. Esposizioni multiple, ottenute in fase di ripresa, attraverso le quali descrive paesaggi umani e naturali. Atmosfere oniriche, apparizioni misteriose, composizioni surreali che catturano lo sguardo dello spettatore, conducendolo oltre la superficie dell’immagine. Fedele alla fotografia analogica in bianco e nero, l’autore stampa le sue opere su carta cotone, che esalta le forme restituendo un senso di tridimensionalità.
Giulio Montecchi si occupa dagli anni Ottanta di fotografia naturalistica. Ogni suo fotogramma si compone di tre elementi fondamentali: l’insetto, generalmente in movimento, l’inserto vegetale, che arricchisce l’inquadratura, ed il fondale dipinto, che dona profondità all’immagine. Puntando l’obiettivo sull’infinitamente piccolo, focalizza l’attenzione su animali e piante di uno stesso ambiente, la cui sopravvivenza dipende dall’integrazione delle diverse specie.
Realizzata con il patrocinio del Comune di Albinea (Re), la mostra sarà visitabile fino al 1 luglio 2017, da martedì a sabato ore 9.00-12.00 e 15.00-18.00; chiuso 2 giugno. Ingresso libero. Nel corso dell’esposizione si terranno diversi incontri. Il programma completo sarà pubblicato sulla pagina facebook della Cantina: www.facebook/albineacanali. Per informazioni e prenotazioni: tel. 0522 569505, canali@riunite.it, scolli@riunite.it.
Situata sulla principale strada di collegamento tra Reggio Emilia ed Albinea, la Cantina Albinea Canali nasce nel 1936 riunendo diversi vignaioli del Lambrusco e dell’Ancellotta e arrivando a contare, negli anni successivi, centosettanta conferenti. La Cantina Albinea Canali raccoglie le uve di un ristretto bacino, in una delle aree di maggior pregio, sotto il profilo dei suoli e del clima, dell’intera provincia reggiana. Dopo un accurato intervento di restauro conservativo, la sede affianca oggi alla produzione di vini di qualità anche una vasta gamma di servizi al pubblico, tra cui l’enoteca, la sala degustazione ed il Centro Convegni Albinea Canali, con sette ambienti, dotati di moderni impianti tecnologici, ideali per ospitare meeting e grandi eventi.
Altri eventi dell'inserzionista
William Xerra e Gionata Xerra. Le virtù dell'errore
13/06/2015 - 12/09/2015
Pedaso (FM) - Marche
Inserito da CSArt Serri
“Le virtù dell’errore”: mostra di William Xerra e Gionata Xerra nella doppia sede di Sibilla Arte di Carassai (AP) e Galleria Marcantoni di Pedaso (FM). Curata da Roberto Borghi, l’esposizione sarà inaugurata sabato 13 giugno, alle ore 18.00, a Carassai, domenica 14 giugno, alle ore 18.00, a Pedaso.
Le ricerche dei due artisti saranno presenti in entrambe le sedi. Da Sibilla Arte, fino al 12 settembre 2015, William Xerra proporrà opere appartenenti al ciclo dei “Vice” (iniziato nei primi anni ‘70 e proseguito sino agli ‘80) e una selezione di lavori recenti; Gionata Xerra una serie di fotografie (2004-2010) in cui il paesaggio urbano subisce un processo di sdoppiamento e trasfigurazione.
Le opere del ciclo “Io mento” (ideate tra la seconda metà degli anni ’90 e i primi anni 2000) di William Xerra e le immagini fotografiche (realizzate tra il 2005 e il 2009) nelle quali Gionata Xerra ha rielaborato frammenti di scritture metropolitane saranno esposte presso la Galleria Marcantoni fino al 12 luglio 2015.
La presenza di un errore virtuoso, cioè capace di suggerire nuove e più feconde prospettive di senso, accomuna le opere di William Xerra e quelle di Gionata Xerra.
Nel caso di William Xerra lo sbaglio è anzitutto di natura grafica: nei lavori degli anni ’70 vediamo schegge di scrittura e, talvolta, vere e proprie bozze, contenenti errori e perciò scartate, sulle quali l’apposizione della formula “Vive” (davvero esistente nel lessico tipografico) ha un effetto salvifico. Il testo che era destinato alla marginalità o all’oblio acquista la centralità e la valenza mnemonica proprie delle opere d’arte. In seguito i supporti del “Vive” saranno anche brandelli di dipinti del passato dotati di una singolare grazia, oppure oggetti obsoleti ma intriganti, dei quali l’artista piacentino intenderà riscattare il potenziale di bellezza. Nel ciclo “Io mento” assistiamo a un processo per certi versi affine. Questa volta però a essere sbagliate, perché carenti di autenticità o di intensità semantica, e in qualche modo false sono soprattutto le immagini: talora anche quelle create in passato dall’artista stesso, che non si fa scrupoli nel ricoprirle e quasi biffarle con una scritta spiazzante. William Xerra ritiene infatti che una franca dichiarazione di menzogna possa generare una verità spogliata di retorica, sfrondata dalle sovrastrutture imposte sia dal sistema della comunicazione sia (e ancor più) da quello dell’arte.
Le opere che Gionata Xerra presenta in questa mostra hanno origine da un errore tanto accidentale quanto propizio. All’inizio degli anni 2000, effettuando delle stampe nel suo studio, due scatti si sono casualmente sovrapposti e intersecati: da una distrazione (in fondo analoga a quella da cui sono scaturiti i “Rayographs” di Man Ray) sono nate delle fotografie letteralmente e doppiamente concentrate, cioè dense di rimandi suggestivi, ma anche solcate al centro da un orizzonte, da una linea che convoglia e ripartisce lo sguardo. Anche in questo caso lo sbaglio ha un carattere virtuoso e soprattutto catartico, poiché libera l’immagine dalla precisione impersonale della tecnologia e le conferisce una dose inattesa di espressività, la priva di automatismo e di finitezza, la apre alle possibilità pur sempre infinite del caso. L’artista ha comunque l’incombenza di dosare e guidare l’errore per farne strumento di creazione, ma ha anche quella di farsene guidare, di confidare in quella porzione di rischio e di ignoto che è connessa inestricabilmente all’atto creativo.
La mostra sarà visitabile presso Sibilla Arte fino al 13 settembre da giovedì a domenica con orario 18.00-22.00 o su appuntamento, presso Galleria Marcantoni fino al 12 luglio tutti i giorni con orario 17.00-20.00. Ingresso libero. Per informazioni: Sibilla Arte (tel. 339 6391290, info@sibilla-arte.com, www.sibilla-arte.com), Galleria Marcantoni (tel. 349 4306492, info@galleriamarcantoni.it, www.galleriamarcantoni.it).
William Xerra (Firenze 1937) vive e lavora a Piacenza. Il suo percorso artistico ha lambito le neoavanguardie del Gruppo ’63 e della Poesia Visiva senza mai discostarsi dalla pratica della pittura e del disegno. Ha partecipato alla Biennale di Venezia e ha tenuto mostre in diversi musei europei. È presente nella collezione delle Gallerie d’Italia di Milano. La sua più recente personale si è svolta nel dicembre 2014 presso la galleria Depardieu di Nizza.
Gionata Xerra (Piacenza 1961) vive e lavora a Milano. Come fotografo di architettura d’interni e di design ha collaborato con le maggiori riviste e aziende italiane. Le sue creazioni fotografiche sono state esposte in mostre personali presso la Triennale di Milano e il Museo dei Beni Culturali Cappuccini di Genova. Ha esposto una sua opera nell’ambito della Biennale di Venezia del 2011 presso il Palazzo Lombardia di Milano. La sua più recente personale si è tenuta tra giugno e ottobre 2014 nella Galleria del Credito Siciliano di Acireale.
Le ricerche dei due artisti saranno presenti in entrambe le sedi. Da Sibilla Arte, fino al 12 settembre 2015, William Xerra proporrà opere appartenenti al ciclo dei “Vice” (iniziato nei primi anni ‘70 e proseguito sino agli ‘80) e una selezione di lavori recenti; Gionata Xerra una serie di fotografie (2004-2010) in cui il paesaggio urbano subisce un processo di sdoppiamento e trasfigurazione.
Le opere del ciclo “Io mento” (ideate tra la seconda metà degli anni ’90 e i primi anni 2000) di William Xerra e le immagini fotografiche (realizzate tra il 2005 e il 2009) nelle quali Gionata Xerra ha rielaborato frammenti di scritture metropolitane saranno esposte presso la Galleria Marcantoni fino al 12 luglio 2015.
La presenza di un errore virtuoso, cioè capace di suggerire nuove e più feconde prospettive di senso, accomuna le opere di William Xerra e quelle di Gionata Xerra.
Nel caso di William Xerra lo sbaglio è anzitutto di natura grafica: nei lavori degli anni ’70 vediamo schegge di scrittura e, talvolta, vere e proprie bozze, contenenti errori e perciò scartate, sulle quali l’apposizione della formula “Vive” (davvero esistente nel lessico tipografico) ha un effetto salvifico. Il testo che era destinato alla marginalità o all’oblio acquista la centralità e la valenza mnemonica proprie delle opere d’arte. In seguito i supporti del “Vive” saranno anche brandelli di dipinti del passato dotati di una singolare grazia, oppure oggetti obsoleti ma intriganti, dei quali l’artista piacentino intenderà riscattare il potenziale di bellezza. Nel ciclo “Io mento” assistiamo a un processo per certi versi affine. Questa volta però a essere sbagliate, perché carenti di autenticità o di intensità semantica, e in qualche modo false sono soprattutto le immagini: talora anche quelle create in passato dall’artista stesso, che non si fa scrupoli nel ricoprirle e quasi biffarle con una scritta spiazzante. William Xerra ritiene infatti che una franca dichiarazione di menzogna possa generare una verità spogliata di retorica, sfrondata dalle sovrastrutture imposte sia dal sistema della comunicazione sia (e ancor più) da quello dell’arte.
Le opere che Gionata Xerra presenta in questa mostra hanno origine da un errore tanto accidentale quanto propizio. All’inizio degli anni 2000, effettuando delle stampe nel suo studio, due scatti si sono casualmente sovrapposti e intersecati: da una distrazione (in fondo analoga a quella da cui sono scaturiti i “Rayographs” di Man Ray) sono nate delle fotografie letteralmente e doppiamente concentrate, cioè dense di rimandi suggestivi, ma anche solcate al centro da un orizzonte, da una linea che convoglia e ripartisce lo sguardo. Anche in questo caso lo sbaglio ha un carattere virtuoso e soprattutto catartico, poiché libera l’immagine dalla precisione impersonale della tecnologia e le conferisce una dose inattesa di espressività, la priva di automatismo e di finitezza, la apre alle possibilità pur sempre infinite del caso. L’artista ha comunque l’incombenza di dosare e guidare l’errore per farne strumento di creazione, ma ha anche quella di farsene guidare, di confidare in quella porzione di rischio e di ignoto che è connessa inestricabilmente all’atto creativo.
La mostra sarà visitabile presso Sibilla Arte fino al 13 settembre da giovedì a domenica con orario 18.00-22.00 o su appuntamento, presso Galleria Marcantoni fino al 12 luglio tutti i giorni con orario 17.00-20.00. Ingresso libero. Per informazioni: Sibilla Arte (tel. 339 6391290, info@sibilla-arte.com, www.sibilla-arte.com), Galleria Marcantoni (tel. 349 4306492, info@galleriamarcantoni.it, www.galleriamarcantoni.it).
William Xerra (Firenze 1937) vive e lavora a Piacenza. Il suo percorso artistico ha lambito le neoavanguardie del Gruppo ’63 e della Poesia Visiva senza mai discostarsi dalla pratica della pittura e del disegno. Ha partecipato alla Biennale di Venezia e ha tenuto mostre in diversi musei europei. È presente nella collezione delle Gallerie d’Italia di Milano. La sua più recente personale si è svolta nel dicembre 2014 presso la galleria Depardieu di Nizza.
Gionata Xerra (Piacenza 1961) vive e lavora a Milano. Come fotografo di architettura d’interni e di design ha collaborato con le maggiori riviste e aziende italiane. Le sue creazioni fotografiche sono state esposte in mostre personali presso la Triennale di Milano e il Museo dei Beni Culturali Cappuccini di Genova. Ha esposto una sua opera nell’ambito della Biennale di Venezia del 2011 presso il Palazzo Lombardia di Milano. La sua più recente personale si è tenuta tra giugno e ottobre 2014 nella Galleria del Credito Siciliano di Acireale.
Dialoghi visivi
05/12/2015 - 23/12/2015
Reggio Emilia
Inserito da CSArt Serri
Dal 5 al 31 dicembre 2015, presso la Saletta Galaverni di Reggio Emilia (Via Dell’Aquila, 6/c), si terrà la mostra collettiva “Dialoghi visivi” con opere scelte di Valerio Adami, Davide Benati, Gabriella Benedini, Enrico Della Torre, Iler Melioli ed Emilio Tadini.
Il titolo, in questo caso, non investe soltanto i contenuti espressivi nelle diverse declinazioni poetiche degli autori in esposizione, ma apre anche lo sguardo verso un preciso modo di fruirla.
Come spiega, infatti, il gallerista Libero Galaverni, «Esistono percorsi dialogici che in taluni casi accumunano le ricerche dei diversi artisti: il tema della natura, ad esempio, nel lavoro di Davide Benati ed Iler Melioli, l’iconismo “popolare” nei dipinti di Valerio Adami ed Emilio Tadini, il rapporto tra figura ed astrazione nelle opere di Enrico Della Torre e Gabriella Benedini».
Accostamenti non casuali, itinerari di incontro e confronto tra autori diversi per esperienza e linguaggio, che offrono al fruitore l’opportunità di vedere “oltre” il dato apparente.
L’esposizione, che sarà aperta al pubblico sabato 5 dicembre alle ore 17.00, sarà visitabile fino al 23 dicembre 2015, tutti i giorni con orario 9.30-12.30 e 16.00-19.30, chiuso giovedì pomeriggio. Ingresso libero. Per informazioni: cell. 335 6388448, info@galaverni.com.
Il titolo, in questo caso, non investe soltanto i contenuti espressivi nelle diverse declinazioni poetiche degli autori in esposizione, ma apre anche lo sguardo verso un preciso modo di fruirla.
Come spiega, infatti, il gallerista Libero Galaverni, «Esistono percorsi dialogici che in taluni casi accumunano le ricerche dei diversi artisti: il tema della natura, ad esempio, nel lavoro di Davide Benati ed Iler Melioli, l’iconismo “popolare” nei dipinti di Valerio Adami ed Emilio Tadini, il rapporto tra figura ed astrazione nelle opere di Enrico Della Torre e Gabriella Benedini».
Accostamenti non casuali, itinerari di incontro e confronto tra autori diversi per esperienza e linguaggio, che offrono al fruitore l’opportunità di vedere “oltre” il dato apparente.
L’esposizione, che sarà aperta al pubblico sabato 5 dicembre alle ore 17.00, sarà visitabile fino al 23 dicembre 2015, tutti i giorni con orario 9.30-12.30 e 16.00-19.30, chiuso giovedì pomeriggio. Ingresso libero. Per informazioni: cell. 335 6388448, info@galaverni.com.
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Tobia Ravà, Da’at, I numeri della creazione
17/04/2016 - 29/05/2016
Reggio Emilia
Inserito da CSArt Serri
Il Palazzo Ducale di Sabbioneta (Mantova) ospita, dal 17 aprile al 29 maggio 2016, “Da’at, I numeri della creazione”, mostra personale di Tobia Ravà, a cura di Maria Luisa Trevisan e Mario Romanini. Promossa dal Comune di Sabbioneta e da Viaggiare nell’Oglio Po, in collaborazione con PaRDeS, Laboratorio di Ricerca D’Arte Contemporanea, con il patrocinio della Provincia di Mantova, l’esposizione sarà inaugurata domenica 17 aprile, alle ore 11.00, presso il Teatro all’Antica di Sabbioneta.
«La mostra – spiega Maria Luisa Trevisan – fa esplicito riferimento all’albero sefirotico, composto dalla sfere che si possono visualizzare come degli ascensori che portano all’elevazione dell’essere umano. L’albero sefirotico è una delle immagini più complesse ed affascinanti della “Kabbalah”, che significa, tradizione, “ciò che abbiamo ricevuto”. L’esposizione prende il nome dalla “Sephirah Da’at”, conoscenza, che nasce dall’unione di “Chokmah” (sapienza) e “Binah” (intelligenza), sopra le quali sta “Keter”, corona, l’emanazione superiore. Insieme formano le emanazioni intellettuali più elevate, che danno agli esseri umani la possibilità di essere “appena al di sotto degli angeli”. Di solito si dice che l’albero sia composto di dieci sfere non considerando “Da’at”, che è l’undicesima, forse perché non è posta sull’Albero della vita, ma rimane nascosta, invisibile, situata dietro le quinte, ma – come sostiene Roy Doliner – ogni cabalista è sempre consapevole della sua esistenza, poiché essa è “l’impulso di accumulare e conservare il sapere per noi stessi, il nostro futuro e quello dei nostri figli e di tutta l’umanità”. “Da’at” è la soglia per accedere alle sfere più alte. In “Da’at” c’è il segreto sia della generazione sia della rigenerazione, la chiave della manifestazione di tutte le cose tramite la differenziazione nelle coppie di opposti e la loro unione».
Il titolo dell’esposizione è stato scelto in piena sintonia con la storica città di Sabbioneta, la seconda in provincia per importanza dal punto di vista storico-artistico, dopo Mantova, eletta quest’anno Capitale della Cultura, ed entrambe ricche di fascino, arte e storia, tanto da essere inserite nella World Heritage List dell’Unesco nel 2008. Sabbioneta, capitale dell’omonimo staterello, fu la dimora della famiglia regnante e il fulcro dell’organizzazione politica, amministrativa e cortigiana del ducato.
Anche le opere esposte si pongono in dialogo con il territorio, come i pioppeti caratteristici della Pianura Padana, con la cittadina, costruita in base ai principi umanistici della città ideale rinascimentale, ma anche con il contenitore della mostra, il Palazzo Ducale (1559-1578, primo significativo edificio fatto realizzare da Vespasiano Gonzaga, 1531-1591, figlio di Rodomonte e di Isabella Colonna, educato a Fondi dalla famosa zia Giulia Gonzaga), la sua storia e le opere delle collezioni permanenti in esposizione nelle sale.
In mostra, opere recenti tridimensionali, pittoriche e specchianti che trattano soggetti architettonici, animali e vegetali. L’allestimento comprende, inoltre, alcuni boschi recenti specchianti e sculture in bronzo, sempre supportati da un percorso numerico legato alla “ghematria” ed alle leggi naturali.
La ricerca di Tobia Ravà non si deve intendere affatto come riduzione del mistico al misterico, all’esoterico, ma come visualizzazione di una profonda consapevolezza che la mistica è, secondo la definizione di Platone, e nel suo senso originario e autentico, ricerca della saggezza – “esercizio di vita ed esercizio di morte”, “l'universale della ragione, ovvero ciò che è propriamente umano”.
Dopo aver sperimentato molti percorsi creativi inerenti al rapporto arte e scienza, dal 1998 l’artista ha avviato una ricerca rivolta alle correnti mistiche dell’ebraismo: dalla “Kabbalah” al chassidismo, proponendo un nuovo approccio simbolico attraverso le infinite possibilità combinatorie dei numeri. La logica letterale e matematica, che sottende le opere di Ravà, è intesa come codice genetico e raccoglie elementi sia filosofici sia linguistici che vanno a costituire una sorta di magma pittorico, fatto di lettere e numeri che si cristallizzano sulla superficie “grandangolata” di vedute di canali e boschi. L’artista sviluppa un percorso simbolico a rebus, costruito su piani di lettura diversi attraverso la “ghematria” (“gimatreya”), criterio di permutazione delle lettere in numeri in uso fin dall’antichità nell’alfabeto ebraico, secondo cui ad ogni lettera corrisponde un numero, così ogni successione alfabetica può considerarsi una somma aritmetica.
La personale sarà visitabile fino al 29 maggio 2016, da martedì a venerdì ore 9.30-13.00 e 14.30-18.30, sabato e festivi 9.30-13.00 e 14.30-19.00, chiuso lunedì. Catalogo Grafiche Turato Edizioni, Rubano (PD), 2016, a cura di Maria Luisa Trevisan.
Per informazioni: Comune di Sabbioneta, Ufficio Eventi Culturali (tel. 0375 52599, www.comune.sabbioneta.mn.it, a.ghizzardi@comune.sabbioneta.mn.it).
«La mostra – spiega Maria Luisa Trevisan – fa esplicito riferimento all’albero sefirotico, composto dalla sfere che si possono visualizzare come degli ascensori che portano all’elevazione dell’essere umano. L’albero sefirotico è una delle immagini più complesse ed affascinanti della “Kabbalah”, che significa, tradizione, “ciò che abbiamo ricevuto”. L’esposizione prende il nome dalla “Sephirah Da’at”, conoscenza, che nasce dall’unione di “Chokmah” (sapienza) e “Binah” (intelligenza), sopra le quali sta “Keter”, corona, l’emanazione superiore. Insieme formano le emanazioni intellettuali più elevate, che danno agli esseri umani la possibilità di essere “appena al di sotto degli angeli”. Di solito si dice che l’albero sia composto di dieci sfere non considerando “Da’at”, che è l’undicesima, forse perché non è posta sull’Albero della vita, ma rimane nascosta, invisibile, situata dietro le quinte, ma – come sostiene Roy Doliner – ogni cabalista è sempre consapevole della sua esistenza, poiché essa è “l’impulso di accumulare e conservare il sapere per noi stessi, il nostro futuro e quello dei nostri figli e di tutta l’umanità”. “Da’at” è la soglia per accedere alle sfere più alte. In “Da’at” c’è il segreto sia della generazione sia della rigenerazione, la chiave della manifestazione di tutte le cose tramite la differenziazione nelle coppie di opposti e la loro unione».
Il titolo dell’esposizione è stato scelto in piena sintonia con la storica città di Sabbioneta, la seconda in provincia per importanza dal punto di vista storico-artistico, dopo Mantova, eletta quest’anno Capitale della Cultura, ed entrambe ricche di fascino, arte e storia, tanto da essere inserite nella World Heritage List dell’Unesco nel 2008. Sabbioneta, capitale dell’omonimo staterello, fu la dimora della famiglia regnante e il fulcro dell’organizzazione politica, amministrativa e cortigiana del ducato.
Anche le opere esposte si pongono in dialogo con il territorio, come i pioppeti caratteristici della Pianura Padana, con la cittadina, costruita in base ai principi umanistici della città ideale rinascimentale, ma anche con il contenitore della mostra, il Palazzo Ducale (1559-1578, primo significativo edificio fatto realizzare da Vespasiano Gonzaga, 1531-1591, figlio di Rodomonte e di Isabella Colonna, educato a Fondi dalla famosa zia Giulia Gonzaga), la sua storia e le opere delle collezioni permanenti in esposizione nelle sale.
In mostra, opere recenti tridimensionali, pittoriche e specchianti che trattano soggetti architettonici, animali e vegetali. L’allestimento comprende, inoltre, alcuni boschi recenti specchianti e sculture in bronzo, sempre supportati da un percorso numerico legato alla “ghematria” ed alle leggi naturali.
La ricerca di Tobia Ravà non si deve intendere affatto come riduzione del mistico al misterico, all’esoterico, ma come visualizzazione di una profonda consapevolezza che la mistica è, secondo la definizione di Platone, e nel suo senso originario e autentico, ricerca della saggezza – “esercizio di vita ed esercizio di morte”, “l'universale della ragione, ovvero ciò che è propriamente umano”.
Dopo aver sperimentato molti percorsi creativi inerenti al rapporto arte e scienza, dal 1998 l’artista ha avviato una ricerca rivolta alle correnti mistiche dell’ebraismo: dalla “Kabbalah” al chassidismo, proponendo un nuovo approccio simbolico attraverso le infinite possibilità combinatorie dei numeri. La logica letterale e matematica, che sottende le opere di Ravà, è intesa come codice genetico e raccoglie elementi sia filosofici sia linguistici che vanno a costituire una sorta di magma pittorico, fatto di lettere e numeri che si cristallizzano sulla superficie “grandangolata” di vedute di canali e boschi. L’artista sviluppa un percorso simbolico a rebus, costruito su piani di lettura diversi attraverso la “ghematria” (“gimatreya”), criterio di permutazione delle lettere in numeri in uso fin dall’antichità nell’alfabeto ebraico, secondo cui ad ogni lettera corrisponde un numero, così ogni successione alfabetica può considerarsi una somma aritmetica.
La personale sarà visitabile fino al 29 maggio 2016, da martedì a venerdì ore 9.30-13.00 e 14.30-18.30, sabato e festivi 9.30-13.00 e 14.30-19.00, chiuso lunedì. Catalogo Grafiche Turato Edizioni, Rubano (PD), 2016, a cura di Maria Luisa Trevisan.
Per informazioni: Comune di Sabbioneta, Ufficio Eventi Culturali (tel. 0375 52599, www.comune.sabbioneta.mn.it, a.ghizzardi@comune.sabbioneta.mn.it).
Un anno di Liconi Arte a Torino
25/05/2017 - 30/06/2017
Reggio Emilia
Inserito da Matteo Pingiori
Mostra Collettiva con le opere di Gianrico Agresta, Luisa Albert, Luigi Baratta, alessandra Carloni, Fabio Carmignani, Jacopo Mandich, Romain Mayoulou, Daniele Mini, Marina Tabacco e Giulio Zanet. Con la partecipazione di Danesi ArtDesign