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Evento: Le strade della pittura
23/09/2017 - 29/10/2017
Dettagli
Data di inserimento: | 15/09/2017 - 17:36 |
Luogo: | Rubiera (RE) - Emilia-Romagna |
Data di inizio: | 23/09/2017 |
Data di fine | 29/10/2017 |
Descrizione
“Le strade della pittura” di Carlo Calzolari, Carlo Mastronardi e Corrado Tagliati dal 23 settembre al 29 ottobre 2017 alla Corte Ospitale di Rubiera (RE).
La mostra, promossa dal Comune di Rubiera, verrà inaugurata sabato 23 settembre alle ore 18.00. Saranno presenti, oltre agli artisti, Emanuele Cavallaro (Sindaco del Comune di Rubiera), Elena Lusvardi (Assessore alla Cultura del Comune di Rubiera) e Sandro Parmiggiani (curatore).
L’esposizione si tiene in un luogo fortemente simbolico – la cinquecentesca Corte Ospitale di Rubiera, per secoli centro di accoglienza e di incontro, e in questa occasione luogo simbolico in cui si incrociano le strade della pittura – e riunisce e mette a confronto tre artisti reggiani, originari di terre diverse: Calzolari è nato a Parma nel 1944, anche se risiede a Reggio Emilia da quarantacinque anni; Mastronardi è nato a Prepotto (Udine) nel 1940 ed è rubierese di adozione, essendosi qui trasferito il padre medico quando lui aveva dieci anni; Tagliati ha solidi, apparentemente irrecidibili, legami con l’Appennino, essendo nato a Castelnovo ne’ Monti nel 1940, e avendovi sempre vissuto.
“Le strade della pittura” è una mostra che, pur di dimensioni contenute – una decina di opere per ciascuno degli autori –, assume significati e valori peculiari. Da un lato, essa getta luce su ciò che tenacemente alcuni artisti continuano quotidianamente a fare, nel silenzio e nella solitudine dei loro studi, interrogandosi su quali possano essere oggi i linguaggi della pittura, capaci di non recidere il legame con la tradizione, di confrontarsi con il nuovo e, soprattutto, di essere fedeli testimoni della loro interiorità, delle tensioni che li animano, delle sfide che sentono di dovere raccogliere. Dall’altro lato, questi artisti dimostrano come la provincia possa essere luogo in cui si può sperimentare, lontano da luci e assedi di ogni genere (compresa la sollecitazione a replicare ciò che il mercato accoglie), un percorso di continui affinamenti e verifiche, con esiti che sono parte di ciò che può definirsi contemporaneo.
Calzolari, Mastronardi e Tagliati non formano certo un gruppo, né mai hanno pensato di dare vita a un sodalizio formale che potesse sostenere il loro percorso. Nutrono, da molti anni, sentimenti di amicizia personale, e di rispetto l’uno per il lavoro dell’altro, che già li hanno portati in passato ad esporre assieme, pure con altri amici artisti, quali i compianti Marco Gerra e Bruno Olivi, oltre a Fausto De Nisco.
Sono assai diverse le strade percorse dai tre artisti – anche se quelle di Mastronardi e Tagliati hanno segrete affinità e convergenze –; la frequentazione costante che da anni intrattengono fa sì che siano sempre aggiornati sugli esiti del lavoro di ciascuno, che questa mostra documenta con opere realizzate negli anni recenti.
Carlo Calzolari traccia bave, fiati di segni, graffiti, grumi e grovigli, numeri e lettere dell’alfabeto, parole nelle quali si condensa il retaggio di una presenza e di un pensiero misterioso, che pare sintonizzarsi sulla meraviglia e sull’estrema sensibilità proprie dell'infanzia; tutto viene percepito da chi guarda come ombre distorte da una lastra trasparente di plexiglass, che, investita dalla luce, proietta e origina sulla tavola retrostante brividi e fluttuazioni delle forme, a conferma che la cangiante presenza della luce è fondamentale nella percezione dell’opera, continuamente generando incupimenti, chiarori, trasalimenti dei toni.
Carlo Mastronardi fa ritorno, in queste opere ultime, al paesaggio delle nostre colline e montagne, in un qualche modo riallacciandosi alle esperienze degli esordi, quando trasfigurava il paesaggio emiliano, per poi rivisitare, sempre con un linguaggio informale sensibile al fascino della materia e del colore, i fienili e le vecchie case contadine, abbandonate a un inesorabile declino, i vecchi strumenti e attrezzi contadini – totem sacrali, tanto che la sua opera potrebbe davvero definirsi un’ininterrotta elegia sulla civiltà contadina ormai inghiottita e dissolta dal tempo. Di Mastronardi non possiamo infine dimenticare la ricerca sulla natura morta, con esiti del tutto personali, di grande felicità tonale e compositiva.
Corrado Tagliati è, fin dagli esordi, un indagatore del paesaggio, dapprima reso con una pittura figurativa, che presto s’inoltra lungo le strade di un’astrazione formalmente rigorosa, modulata su toni e tonalismi lavorati per accordi minimi, per segni, variazioni e sfumature di colore quasi impercettibili, ma che sempre reca l’impronta di emozioni e sentimenti che si rinnovano ogni volta che l’artista getta lo sguardo sulla natura, sia essa quella ancora in gran parte incontaminata sia quella che reca i segni dell’umano intervento. Spira nei suoi dipinti, sia ad olio sia a pastello, una sensibilità estrema, con la capacità di cogliere ogni più estenuato tono, ogni impercettibile frontiera tra forma e vuoto, ogni più recondita vibrazione della luce, che ne fanno un artista di r
La mostra, promossa dal Comune di Rubiera, verrà inaugurata sabato 23 settembre alle ore 18.00. Saranno presenti, oltre agli artisti, Emanuele Cavallaro (Sindaco del Comune di Rubiera), Elena Lusvardi (Assessore alla Cultura del Comune di Rubiera) e Sandro Parmiggiani (curatore).
L’esposizione si tiene in un luogo fortemente simbolico – la cinquecentesca Corte Ospitale di Rubiera, per secoli centro di accoglienza e di incontro, e in questa occasione luogo simbolico in cui si incrociano le strade della pittura – e riunisce e mette a confronto tre artisti reggiani, originari di terre diverse: Calzolari è nato a Parma nel 1944, anche se risiede a Reggio Emilia da quarantacinque anni; Mastronardi è nato a Prepotto (Udine) nel 1940 ed è rubierese di adozione, essendosi qui trasferito il padre medico quando lui aveva dieci anni; Tagliati ha solidi, apparentemente irrecidibili, legami con l’Appennino, essendo nato a Castelnovo ne’ Monti nel 1940, e avendovi sempre vissuto.
“Le strade della pittura” è una mostra che, pur di dimensioni contenute – una decina di opere per ciascuno degli autori –, assume significati e valori peculiari. Da un lato, essa getta luce su ciò che tenacemente alcuni artisti continuano quotidianamente a fare, nel silenzio e nella solitudine dei loro studi, interrogandosi su quali possano essere oggi i linguaggi della pittura, capaci di non recidere il legame con la tradizione, di confrontarsi con il nuovo e, soprattutto, di essere fedeli testimoni della loro interiorità, delle tensioni che li animano, delle sfide che sentono di dovere raccogliere. Dall’altro lato, questi artisti dimostrano come la provincia possa essere luogo in cui si può sperimentare, lontano da luci e assedi di ogni genere (compresa la sollecitazione a replicare ciò che il mercato accoglie), un percorso di continui affinamenti e verifiche, con esiti che sono parte di ciò che può definirsi contemporaneo.
Calzolari, Mastronardi e Tagliati non formano certo un gruppo, né mai hanno pensato di dare vita a un sodalizio formale che potesse sostenere il loro percorso. Nutrono, da molti anni, sentimenti di amicizia personale, e di rispetto l’uno per il lavoro dell’altro, che già li hanno portati in passato ad esporre assieme, pure con altri amici artisti, quali i compianti Marco Gerra e Bruno Olivi, oltre a Fausto De Nisco.
Sono assai diverse le strade percorse dai tre artisti – anche se quelle di Mastronardi e Tagliati hanno segrete affinità e convergenze –; la frequentazione costante che da anni intrattengono fa sì che siano sempre aggiornati sugli esiti del lavoro di ciascuno, che questa mostra documenta con opere realizzate negli anni recenti.
Carlo Calzolari traccia bave, fiati di segni, graffiti, grumi e grovigli, numeri e lettere dell’alfabeto, parole nelle quali si condensa il retaggio di una presenza e di un pensiero misterioso, che pare sintonizzarsi sulla meraviglia e sull’estrema sensibilità proprie dell'infanzia; tutto viene percepito da chi guarda come ombre distorte da una lastra trasparente di plexiglass, che, investita dalla luce, proietta e origina sulla tavola retrostante brividi e fluttuazioni delle forme, a conferma che la cangiante presenza della luce è fondamentale nella percezione dell’opera, continuamente generando incupimenti, chiarori, trasalimenti dei toni.
Carlo Mastronardi fa ritorno, in queste opere ultime, al paesaggio delle nostre colline e montagne, in un qualche modo riallacciandosi alle esperienze degli esordi, quando trasfigurava il paesaggio emiliano, per poi rivisitare, sempre con un linguaggio informale sensibile al fascino della materia e del colore, i fienili e le vecchie case contadine, abbandonate a un inesorabile declino, i vecchi strumenti e attrezzi contadini – totem sacrali, tanto che la sua opera potrebbe davvero definirsi un’ininterrotta elegia sulla civiltà contadina ormai inghiottita e dissolta dal tempo. Di Mastronardi non possiamo infine dimenticare la ricerca sulla natura morta, con esiti del tutto personali, di grande felicità tonale e compositiva.
Corrado Tagliati è, fin dagli esordi, un indagatore del paesaggio, dapprima reso con una pittura figurativa, che presto s’inoltra lungo le strade di un’astrazione formalmente rigorosa, modulata su toni e tonalismi lavorati per accordi minimi, per segni, variazioni e sfumature di colore quasi impercettibili, ma che sempre reca l’impronta di emozioni e sentimenti che si rinnovano ogni volta che l’artista getta lo sguardo sulla natura, sia essa quella ancora in gran parte incontaminata sia quella che reca i segni dell’umano intervento. Spira nei suoi dipinti, sia ad olio sia a pastello, una sensibilità estrema, con la capacità di cogliere ogni più estenuato tono, ogni impercettibile frontiera tra forma e vuoto, ogni più recondita vibrazione della luce, che ne fanno un artista di r
Altri eventi dell'inserzionista
Who Où. Arte fuori luogo
06/09/2015 - 13/09/2015
San Polo d'Enza (RE) - Emilia-Romagna
Inserito da CSArt Serri
Una storica villa di San Polo d’Enza (RE) si apre all’arte contemporanea nel segno di Calvino. Merende d’Artista, che per l’occasione si costituisce in Associazione Culturale, ed il Comune di San Polo d’Enza presentano, dal 6 al 13 settembre 2015, “Who Où. Arte fuori luogo”, esposizione collettiva curata da Claudia Carpenito e Mariaelena Raimondo.
La mostra è allestita grazie alla disponibilità di Elisabetta Margini e della sua famiglia che ha raccolto la sfida di Merende d’Artista, ospitando a Villa Genesio una ventina di autori contemporanei.
In esposizione, dipinti, sculture, video ed installazioni di artisti che hanno già partecipato a Merende d’artista (Pietro Anceschi, Davide Fontanili, Fosco Grisendi, Angelo Massaro, Silva Nironi, Corrado Tamburini), unitamente ad alcuni invitati (Maddalena Artusi, Corrado Askerz, Alle Basso, Alessandra Binini, Lorenzo Criscuoli, Riccardo Freddi, Sandra Moss, Luigi Oliverio, Beppe Villa).
Completa la mostra, una sezione fotografica coordinata da Riccardo Varini (Associazione Culturale ARTyou) con opere di Marco Borciani, Silvia Casali e Corrado Moscardini, oltre ad alcune fotografie dello stesso Varini.
Il titolo delle collettiva – “Who Où. Arte fuori luogo” – fa riferimento ad un progetto che, nello spirito di Merende d’Artista, intende portare l’arte in luoghi non istituzionali. Un intreccio di linguaggi che allude anche all’opera letteraria sottoposta agli artisti invitati, ovvero “Il castello dei destini incrociati” di Italo Calvino (Einaudi, 1973).
Come scrive Chiara Serri, «Il castello dei destini incrociati è un romanzo fantastico, un’opera metaletteraria in cui l’autore-testimone, per usare le parole di Friedman, si imbatte in un castello intriso di nobile cavalleria ed atmosfere ariostesche. Ponte levatoio, scalinata, ampia sala con desco ed ospiti. Non ultimo, un senso di sottile straniamento, dato dallo sfarzo inatteso e, allo stesso tempo, da un parziale stato di abbandono. La stessa sensazione che si prova visitando Villa Genesio a San Polo d’Enza (RE) […]. Una casa completamente arredata e funzionale – i cuscini sul divano, gli orologi a parete, gli elenchi del telefono – ma da anni disabitata, o abitata solo per brevi periodi. Qui, si respira l’assenza, l’eco di un recente passato, le storie di Tommaso, Genesio e dei loro eredi, così come la vita di una piccola comunità. Destini incrociati, presenze e assenze, ambienti domestici e familiari, da approcciare in punta di piedi o da far rivivere con coraggio. Certo, un sfida. Muti come i protagonisti dei brevi racconti di Calvino, ai quali la traversata del bosco era costata “la perdita della favella”, gli artisti sono invitati a raccontare ciascuno la propria storia, non con le parole, ma con i dipinti, le fotografie, i video e le installazioni. […] Il ruolo del visitatore? Leggere ed interpretare. Scritta una storia, si ricomincia da capo…».
Villa Genesio (Famiglia Margini, Via Don P. Borghi 14, San Polo d’Enza, Reggio Emilia) sarà aperta al pubblico domenica 6 settembre con orario 10.00-20.00. L’inaugurazione ufficiale si terrà alle ore 16.00 con la performance “Mirabilia” di Cristian Levrini. La mostra sarà successivamente visitabile fino al 13 settembre 2015, tutti i giorni ore 17.00-20.00, domenica 13 settembre ore 15.00-20.00. Ingresso libero. Per informazioni: tel. 334 3931705, tel. 340 8020080, merendedartista@gmail.com, www.facebook.com/merendeartista.
La mostra è allestita grazie alla disponibilità di Elisabetta Margini e della sua famiglia che ha raccolto la sfida di Merende d’Artista, ospitando a Villa Genesio una ventina di autori contemporanei.
In esposizione, dipinti, sculture, video ed installazioni di artisti che hanno già partecipato a Merende d’artista (Pietro Anceschi, Davide Fontanili, Fosco Grisendi, Angelo Massaro, Silva Nironi, Corrado Tamburini), unitamente ad alcuni invitati (Maddalena Artusi, Corrado Askerz, Alle Basso, Alessandra Binini, Lorenzo Criscuoli, Riccardo Freddi, Sandra Moss, Luigi Oliverio, Beppe Villa).
Completa la mostra, una sezione fotografica coordinata da Riccardo Varini (Associazione Culturale ARTyou) con opere di Marco Borciani, Silvia Casali e Corrado Moscardini, oltre ad alcune fotografie dello stesso Varini.
Il titolo delle collettiva – “Who Où. Arte fuori luogo” – fa riferimento ad un progetto che, nello spirito di Merende d’Artista, intende portare l’arte in luoghi non istituzionali. Un intreccio di linguaggi che allude anche all’opera letteraria sottoposta agli artisti invitati, ovvero “Il castello dei destini incrociati” di Italo Calvino (Einaudi, 1973).
Come scrive Chiara Serri, «Il castello dei destini incrociati è un romanzo fantastico, un’opera metaletteraria in cui l’autore-testimone, per usare le parole di Friedman, si imbatte in un castello intriso di nobile cavalleria ed atmosfere ariostesche. Ponte levatoio, scalinata, ampia sala con desco ed ospiti. Non ultimo, un senso di sottile straniamento, dato dallo sfarzo inatteso e, allo stesso tempo, da un parziale stato di abbandono. La stessa sensazione che si prova visitando Villa Genesio a San Polo d’Enza (RE) […]. Una casa completamente arredata e funzionale – i cuscini sul divano, gli orologi a parete, gli elenchi del telefono – ma da anni disabitata, o abitata solo per brevi periodi. Qui, si respira l’assenza, l’eco di un recente passato, le storie di Tommaso, Genesio e dei loro eredi, così come la vita di una piccola comunità. Destini incrociati, presenze e assenze, ambienti domestici e familiari, da approcciare in punta di piedi o da far rivivere con coraggio. Certo, un sfida. Muti come i protagonisti dei brevi racconti di Calvino, ai quali la traversata del bosco era costata “la perdita della favella”, gli artisti sono invitati a raccontare ciascuno la propria storia, non con le parole, ma con i dipinti, le fotografie, i video e le installazioni. […] Il ruolo del visitatore? Leggere ed interpretare. Scritta una storia, si ricomincia da capo…».
Villa Genesio (Famiglia Margini, Via Don P. Borghi 14, San Polo d’Enza, Reggio Emilia) sarà aperta al pubblico domenica 6 settembre con orario 10.00-20.00. L’inaugurazione ufficiale si terrà alle ore 16.00 con la performance “Mirabilia” di Cristian Levrini. La mostra sarà successivamente visitabile fino al 13 settembre 2015, tutti i giorni ore 17.00-20.00, domenica 13 settembre ore 15.00-20.00. Ingresso libero. Per informazioni: tel. 334 3931705, tel. 340 8020080, merendedartista@gmail.com, www.facebook.com/merendeartista.
La Linea Continua. Disegni dei Musei Civici di Reggio Emilia. Da Lelio Orsi a Omar Galliani
19/12/2015 - 28/03/2016
Reggio nell'Emilia (RE) - Emilia-Romagna
Inserito da CSArt Serri
Omar Galliani, artista che ha portato la grande tradizione del disegno italiano nel mondo, è stato invitato a dialogare con la collezione di disegni antichi dei Musei Civici di Reggio Emilia. Trecento opere dal Cinquecento ad oggi, esposte dal 19 dicembre 2015 al 28 marzo 2016 nel Palazzo dei Musei e raccolte nel volume “La linea continua. Disegni antichi dei Musei Civici di Reggio Emilia” (ed. Skira), promosso dalla Fondazione Manodori in collaborazione con i Musei Civici.
Nel Palazzo dei Musei (via Spallanzani 1, Reggio Emilia), dal 19 dicembre 2015 al 28 marzo 2016, una grande mostra dal titolo “La Linea Continua. Disegni dei Musei Civici di Reggio Emilia. Da Lelio Orsi a Omar Galliani” per scoprire circa 300 disegni di diversi autori, dal Cinquecento ai giorni nostri, in un ideale dialogo tra opere antiche, opere del XIX secolo e del Novecento e disegni contemporanei. L’esposizione sarà inaugurata sabato 19 dicembre alle ore 17.00, alla presenza dei promotori, dei curatori Alessandra Bigi Iotti, Elisabetta Farioli, Alessandro Gazzotti, Giulio Zavatta e dell’artista Omar Galliani.
All’interno del ricco corpus di disegni conservati negli archivi del Museo, Omar Galliani ha selezionato un foglio a matita su carta di Antonio Fontanesi, dal quale ha tratto ispirazione per realizzare alcune opere originali. La sezione dedicata all’autore propone, inoltre, una selezione di carte realizzate negli anni Settanta che si pongono in serrato dialogo con alcuni disegni antichi e dieci tavole tratte dal libro in poesia di Gian Ruggero Manzoni “Nel vortice delle acque superiori” (Raffaelli Editore, Rimini, 2015).
«Cosa avrà letto – si chiede Omar Galliani – la fanciulla seduta con in mano un libro nel piccolo disegno di Antonio Fontanesi? Forse aspettava qualcuno? Lo stesso Antonio che poi l’avrà fatta posare per qualche istante prima di chiudere il cavalletto sul tocco di biacca dell’ultimo paesaggio della sera? Quale era il suo nome? Non lo sapremo mai. Antonio non ha dipinto molte figure preferendo paesaggi, paesaggi dell'anima, direi, più che en plein air. Forse tra le mani stringeva l’album di schizzi di Antonio? Un’amante segreta? Una figlia senza nome? Forse l’avrà dipinta a Tokyo ed è oggi appesa in qualche collezione di quel lontano paese dove la pittura era d’inchiostro e le donne vestivano di sete fiorite e i fiori di pesco si sostituivano ai pioppi della sua grande pianura? I disegni a volte nel tempo restano muti per sempre e nel loro siderale silenzio compiono viaggi straordinari che non riusciremo mai a ricostruire. La rivisitazione dell’opera esige rispetto. Il suo silenzio chiede rispetto. Sta a noi cercare quel piano inclinato tra ieri e oggi che possa rigenerarsi all’interno dell’opera stessa».
Nei Musei di Reggio Emilia è conservato un tesoro nascosto: una raccolta di disegni, studi preparatori per dipinti, bozzetti d’architettura e di scenografia che coprono l’arco cronologico che va dal Cinquecento al Novecento. “La linea continua” è il concetto che unifica l’esposizione, poiché una caratteristica peculiare del collezionismo e della pratica del disegno a Reggio Emilia è, fin dai secoli trascorsi, quella di ispirarsi alla grande tradizione per creare opere moderne.
La Fondazione Manodori, in collaborazione con i Musei Civici, ha promosso la realizzazione di un volume, edito da Skira, dal titolo “La linea continua. Disegni antichi dei Musei Civici di Reggio Emilia”, che analizza, in particolare, il fondo dei disegni antichi dal XVI al XVII secolo, formato da duecento fogli di notevole pregio, quasi del tutto sconosciuti; un “tesoro nascosto” che finalmente viene proposto all’attenzione del pubblico e della critica. Il libro sarà presentato sabato 19 dicembre, alle ore 11.00, nell’Aula Magna dell’Università di Reggio Emilia. Interverranno Gianni Borghi, presidente della Fondazione Manodori, Luca Vecchi, sindaco di Reggio Emilia, Marzia Faietti, direttore del Gabinetto delle Stampe degli Uffizi, Elisabetta Farioli, direttore dei Musei Civici. Ad illustrare l’opera sarà Giulio Zavatta, che ha curato il volume insieme ad Alessandra Bigi Iotti.
La mostra sarà visitabile da martedì a venerdì con orario 9.00-12.00, sabato, domenica e festivi ore 9.00-12.00 e 16.00-19.00; 1 gennaio 2016 apertura solo al pomeriggio ore 16.00-19.00. Ingresso gratuito. Sono in programma visite guidate e laboratori didattici. Per informazioni: www.musei.re.it, www.omargalliani.com.
Nel Palazzo dei Musei (via Spallanzani 1, Reggio Emilia), dal 19 dicembre 2015 al 28 marzo 2016, una grande mostra dal titolo “La Linea Continua. Disegni dei Musei Civici di Reggio Emilia. Da Lelio Orsi a Omar Galliani” per scoprire circa 300 disegni di diversi autori, dal Cinquecento ai giorni nostri, in un ideale dialogo tra opere antiche, opere del XIX secolo e del Novecento e disegni contemporanei. L’esposizione sarà inaugurata sabato 19 dicembre alle ore 17.00, alla presenza dei promotori, dei curatori Alessandra Bigi Iotti, Elisabetta Farioli, Alessandro Gazzotti, Giulio Zavatta e dell’artista Omar Galliani.
All’interno del ricco corpus di disegni conservati negli archivi del Museo, Omar Galliani ha selezionato un foglio a matita su carta di Antonio Fontanesi, dal quale ha tratto ispirazione per realizzare alcune opere originali. La sezione dedicata all’autore propone, inoltre, una selezione di carte realizzate negli anni Settanta che si pongono in serrato dialogo con alcuni disegni antichi e dieci tavole tratte dal libro in poesia di Gian Ruggero Manzoni “Nel vortice delle acque superiori” (Raffaelli Editore, Rimini, 2015).
«Cosa avrà letto – si chiede Omar Galliani – la fanciulla seduta con in mano un libro nel piccolo disegno di Antonio Fontanesi? Forse aspettava qualcuno? Lo stesso Antonio che poi l’avrà fatta posare per qualche istante prima di chiudere il cavalletto sul tocco di biacca dell’ultimo paesaggio della sera? Quale era il suo nome? Non lo sapremo mai. Antonio non ha dipinto molte figure preferendo paesaggi, paesaggi dell'anima, direi, più che en plein air. Forse tra le mani stringeva l’album di schizzi di Antonio? Un’amante segreta? Una figlia senza nome? Forse l’avrà dipinta a Tokyo ed è oggi appesa in qualche collezione di quel lontano paese dove la pittura era d’inchiostro e le donne vestivano di sete fiorite e i fiori di pesco si sostituivano ai pioppi della sua grande pianura? I disegni a volte nel tempo restano muti per sempre e nel loro siderale silenzio compiono viaggi straordinari che non riusciremo mai a ricostruire. La rivisitazione dell’opera esige rispetto. Il suo silenzio chiede rispetto. Sta a noi cercare quel piano inclinato tra ieri e oggi che possa rigenerarsi all’interno dell’opera stessa».
Nei Musei di Reggio Emilia è conservato un tesoro nascosto: una raccolta di disegni, studi preparatori per dipinti, bozzetti d’architettura e di scenografia che coprono l’arco cronologico che va dal Cinquecento al Novecento. “La linea continua” è il concetto che unifica l’esposizione, poiché una caratteristica peculiare del collezionismo e della pratica del disegno a Reggio Emilia è, fin dai secoli trascorsi, quella di ispirarsi alla grande tradizione per creare opere moderne.
La Fondazione Manodori, in collaborazione con i Musei Civici, ha promosso la realizzazione di un volume, edito da Skira, dal titolo “La linea continua. Disegni antichi dei Musei Civici di Reggio Emilia”, che analizza, in particolare, il fondo dei disegni antichi dal XVI al XVII secolo, formato da duecento fogli di notevole pregio, quasi del tutto sconosciuti; un “tesoro nascosto” che finalmente viene proposto all’attenzione del pubblico e della critica. Il libro sarà presentato sabato 19 dicembre, alle ore 11.00, nell’Aula Magna dell’Università di Reggio Emilia. Interverranno Gianni Borghi, presidente della Fondazione Manodori, Luca Vecchi, sindaco di Reggio Emilia, Marzia Faietti, direttore del Gabinetto delle Stampe degli Uffizi, Elisabetta Farioli, direttore dei Musei Civici. Ad illustrare l’opera sarà Giulio Zavatta, che ha curato il volume insieme ad Alessandra Bigi Iotti.
La mostra sarà visitabile da martedì a venerdì con orario 9.00-12.00, sabato, domenica e festivi ore 9.00-12.00 e 16.00-19.00; 1 gennaio 2016 apertura solo al pomeriggio ore 16.00-19.00. Ingresso gratuito. Sono in programma visite guidate e laboratori didattici. Per informazioni: www.musei.re.it, www.omargalliani.com.
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Gli anni della passione, Paolo Baratella
20/02/2016 - 10/03/2016
Reggio nell'Emilia (RE) - Emilia-Romagna
Inserito da CSArt Serri
A dieci anni dalla mostra inaugurale, la Galleria Marcantoni Arte Contemporanea di Pedaso (FM) festeggia il decennale con una nuova personale dell’artista bolognese Paolo Baratella ripartita su due sedi: negli spazi della galleria, un approfondimento dedicato a “Gli anni della passione”, nella Sala Cola dell’Amatrice nel complesso francescano di Ascoli Piceno, la sezione “Compianto – quattordicidiciotto – la Grande Guerra”, allestita con il patrocinio del Comune di Ascoli Piceno.
Curata da Claudio Marcantoni, la mostra sarà inaugurata sabato 20 febbraio, alle ore 18.00, in galleria e domenica 21 febbraio, alle ore 18.00, nella Sala Colla dell’Amatrice. In occasione del vernissage, sarà presentato al pubblico il catalogo, arricchito da un dvd multimediale con le opere esposte ed una selezione di brani scritti appositamente dal compositore siciliano Dario Arcidiacono.
«La pittura di Baratella – scrive il curatore – è un racconto per immagini della storia socio-politica dell’Europa venuta fuori da due grandi totalitarismi, quali il fascismo e il nazismo, e proiettata a vivere il periodo utopistico “dell’uguaglianza di classe” avvallato dall’Unione Sovietica. Il suo è un punto di vista critico, una presa di coscienza, di giudizio. […] Nel corso della sua lunga carriera, fa sue tutte le esperienze e le innovazioni tecnologiche che incontra. Le possiede e le converte sottoforma di linguaggio artistico. I suoi quadri sono delle enormi lenti di ingrandimento, dei fermo-immagine che fanno parte di un più grande schermo che è quello del reale […]».
La sezione della mostra allestita in galleria comprende dipinti su tela riferibili agli anni ’60 e ’70, “Gli anni della passione”, un periodo fervido e fecondo di idee rivoluzionarie, di cambiamenti sociali, di lotte che hanno notevolmente influenzato il mondo artistico e culturale. Opere che raccontano la sofferenza, il non riconoscersi in una realtà stretta e bugiarda, la continua ricerca di giustizia di un artista colto e sensibile. Un costante rimando alla mitologia, ad eroi parafrasati e smitizzati, figure moderne che rivivono in un mondo antico, idilliaco, popolato da fiere e personalità meschine, dittatori del mondo contemporaneo.
La sezione della mostra allestita ad Ascoli Piceno è dedicata al “quattordicidiciotto”, gli anni della “Grande Guerra”. Il motivo dell’interesse artistico per questo lacerante periodo storico va ricercato nella storia personale dell’autore, cresciuto in una famiglia toccata direttamente da questo sinistro evento del quale si evocava in continuazione il dramma. Opere di grande formato di recente produzione attraverso le quali l’artista vuole fare riemergere dal vuoto buio del tempo la temperie del dramma e, soprattutto, intonare attraverso le immagini un “compianto” per le vittime di un conflitto tra popoli che ha cancellato una generazione di giovani, cosiddetta “carne da cannone”. L’attenzione di Baratella è rivolta, inoltre, ai sopravvissuti, “feriti nella mente”, ai soldati che hanno patito la condizione traumatica della staticità nelle trincee di tutta Europa a fronte della dinamica tecnologica del bombardamento incessante sulle postazioni nemiche.
Con la mostra di Paolo Baratella la Galleria Marcantoni festeggia dieci anni di coerenza, di scelte artistiche difficili, ma coscienziosamente volute, mai orientate alle mode del momento. La qualità e la consapevolezza dell’importanza storica degli autori affrontati è garanzia di un lavoro serio e costante che la galleria continuerà a proporre nel tempo.
L’esposizione sarà visitabile fino al 10 marzo 2016, alla Galleria Marcantoni da martedì a domenica ore 17.00-20.00, chiuso il lunedì, nella Sala Cola dell’Amatrice da venerdì a domenica ore 10.00-13.00 e 16.00-20.00. Ingresso libero. Catalogo con testo di Claudio Marcantoni e dvd multimediale con musiche di Dario Arcidiacono. Per informazioni: tel. 349 4306492, info@galleriamarcantoni.it, www.galleriamarcantoni.it.
Paolo Baratella nasce a Bologna nel 1935. Artista militante nel senso culturale e creativo del termine, è figlio della Milano post bellica, dell’atmosfera di ricostruzione intellettuale della Brera anni ‘60. Inserito storicamente nel “Gruppo dei milanesi”, insieme ad Umberto Mariani, Giangiacomo Spadari e Fernando de Filippi, dai primi anni ’70 intraprende un’intensa attività espositiva che lo porta nelle principali città italiane ed internazionali. Hanno scritto del suo lavoro Enrico Crispolti, Walter Guadagnini, Giorgio Di Genova e numerose figure di intellettuali, critici e storici dell’arte. Le sue opere sono esposte in diversi musei nazionali ed in importanti collezioni private.
Curata da Claudio Marcantoni, la mostra sarà inaugurata sabato 20 febbraio, alle ore 18.00, in galleria e domenica 21 febbraio, alle ore 18.00, nella Sala Colla dell’Amatrice. In occasione del vernissage, sarà presentato al pubblico il catalogo, arricchito da un dvd multimediale con le opere esposte ed una selezione di brani scritti appositamente dal compositore siciliano Dario Arcidiacono.
«La pittura di Baratella – scrive il curatore – è un racconto per immagini della storia socio-politica dell’Europa venuta fuori da due grandi totalitarismi, quali il fascismo e il nazismo, e proiettata a vivere il periodo utopistico “dell’uguaglianza di classe” avvallato dall’Unione Sovietica. Il suo è un punto di vista critico, una presa di coscienza, di giudizio. […] Nel corso della sua lunga carriera, fa sue tutte le esperienze e le innovazioni tecnologiche che incontra. Le possiede e le converte sottoforma di linguaggio artistico. I suoi quadri sono delle enormi lenti di ingrandimento, dei fermo-immagine che fanno parte di un più grande schermo che è quello del reale […]».
La sezione della mostra allestita in galleria comprende dipinti su tela riferibili agli anni ’60 e ’70, “Gli anni della passione”, un periodo fervido e fecondo di idee rivoluzionarie, di cambiamenti sociali, di lotte che hanno notevolmente influenzato il mondo artistico e culturale. Opere che raccontano la sofferenza, il non riconoscersi in una realtà stretta e bugiarda, la continua ricerca di giustizia di un artista colto e sensibile. Un costante rimando alla mitologia, ad eroi parafrasati e smitizzati, figure moderne che rivivono in un mondo antico, idilliaco, popolato da fiere e personalità meschine, dittatori del mondo contemporaneo.
La sezione della mostra allestita ad Ascoli Piceno è dedicata al “quattordicidiciotto”, gli anni della “Grande Guerra”. Il motivo dell’interesse artistico per questo lacerante periodo storico va ricercato nella storia personale dell’autore, cresciuto in una famiglia toccata direttamente da questo sinistro evento del quale si evocava in continuazione il dramma. Opere di grande formato di recente produzione attraverso le quali l’artista vuole fare riemergere dal vuoto buio del tempo la temperie del dramma e, soprattutto, intonare attraverso le immagini un “compianto” per le vittime di un conflitto tra popoli che ha cancellato una generazione di giovani, cosiddetta “carne da cannone”. L’attenzione di Baratella è rivolta, inoltre, ai sopravvissuti, “feriti nella mente”, ai soldati che hanno patito la condizione traumatica della staticità nelle trincee di tutta Europa a fronte della dinamica tecnologica del bombardamento incessante sulle postazioni nemiche.
Con la mostra di Paolo Baratella la Galleria Marcantoni festeggia dieci anni di coerenza, di scelte artistiche difficili, ma coscienziosamente volute, mai orientate alle mode del momento. La qualità e la consapevolezza dell’importanza storica degli autori affrontati è garanzia di un lavoro serio e costante che la galleria continuerà a proporre nel tempo.
L’esposizione sarà visitabile fino al 10 marzo 2016, alla Galleria Marcantoni da martedì a domenica ore 17.00-20.00, chiuso il lunedì, nella Sala Cola dell’Amatrice da venerdì a domenica ore 10.00-13.00 e 16.00-20.00. Ingresso libero. Catalogo con testo di Claudio Marcantoni e dvd multimediale con musiche di Dario Arcidiacono. Per informazioni: tel. 349 4306492, info@galleriamarcantoni.it, www.galleriamarcantoni.it.
Paolo Baratella nasce a Bologna nel 1935. Artista militante nel senso culturale e creativo del termine, è figlio della Milano post bellica, dell’atmosfera di ricostruzione intellettuale della Brera anni ‘60. Inserito storicamente nel “Gruppo dei milanesi”, insieme ad Umberto Mariani, Giangiacomo Spadari e Fernando de Filippi, dai primi anni ’70 intraprende un’intensa attività espositiva che lo porta nelle principali città italiane ed internazionali. Hanno scritto del suo lavoro Enrico Crispolti, Walter Guadagnini, Giorgio Di Genova e numerose figure di intellettuali, critici e storici dell’arte. Le sue opere sono esposte in diversi musei nazionali ed in importanti collezioni private.
Da-Dabrith, Texture
16/09/2017 - 22/10/2017
Reggio nell'Emilia (RE) - Emilia-Romagna
Inserito da CSArt Serri
La Galleria Bonioni Arte di Reggio Emilia (Corso Garibaldi, 43) presenta, dal 16 settembre al 22 ottobre 2017, la mostra d’esordio del collettivo Da-Dabrith, curata da Federico Bonioni con un testo di Vittoria Coen.
Intitolata “Texture” in riferimento alla particolarità dei materiali utilizzati – pizzi floreali e smalti – l’esposizione raccoglie una ventina di quadri, tutti di recente produzione, caratterizzati da una tessitura trasparente che consente la visione del supporto.
La scelta di conservare gelosamente l’anonimato è tesa a negare la personalizzazione dell’artista, dell’uomo, in un’epoca di marcato narcisismo. Proprio per questo, le opere stesse sono firmate con un timbro: riproduzione grafica di un logo che sembra alludere alla consuetudine in uso presso i grandi designer del passato.
«La texture del lavoro – scrive Vittoria Coen – è apparentemente semplice. Il supporto è il telaio, come uno scheletro visto ai raggi; esso ci permette di vedere la struttura di un lavoro che non ha un vero e proprio recto e verso, ma può essere “fruito” da entrambi i lati. Certamente il tema del recto-verso ha affascinato diversi artisti; come non ricordare, ad esempio, le trasparenze delle installazioni di Carla Accardi o il gioco del doppio di Paolini. Qui troviamo un biomorfismo di fondo, con fiori, quadrifogli, rappresentati in modo seriale, volutamente reiterato, quasi a ricomporre un modulo formale all’infinito. L’uso degli smalti dona, inoltre, una brillantezza ad un lavoro leggero, trasparente, da scoprire a poco a poco, un lavoro vagamente Pop, e volutamente ironico, una provocazione sottile, insolita, in un panorama artistico in cui gli effetti speciali sembrano dominare la scena internazionale».
Da-Dabrith è un collettivo fondato nel 2015 da quattro artisti provenienti da Europa ed Africa. Lavorano tra Amsterdam e Berlino. Il loro motto si sintetizza nella frase «Siamo artisti, ma non pensate a noi, pensate a cosa vogliamo dirvi!».
La mostra, che sarà inaugurata sabato 16 settembre alle ore 18.00, sarà visitabile fino al 22 ottobre 2017, da martedì a domenica ore 10.00-13.00 e 16.00-20.00, chiuso il lunedì. Ingresso libero. Per informazioni: tel. 0522 435765, www.bonioniarte.it, info@bonioniarte.it, www.facebook.com/bonioniarte.
Nei mesi di settembre e ottobre la Galleria Bonioni Arte sarà presente ad Expo Arte (Montichiari, 23-24 settembre 2017), Art Parma Fair (Parma, 30 settembre - 1 ottobre e 6-8 ottobre 2017) ed ArtVerona (Verona, 13-16 ottobre 2017).
Intitolata “Texture” in riferimento alla particolarità dei materiali utilizzati – pizzi floreali e smalti – l’esposizione raccoglie una ventina di quadri, tutti di recente produzione, caratterizzati da una tessitura trasparente che consente la visione del supporto.
La scelta di conservare gelosamente l’anonimato è tesa a negare la personalizzazione dell’artista, dell’uomo, in un’epoca di marcato narcisismo. Proprio per questo, le opere stesse sono firmate con un timbro: riproduzione grafica di un logo che sembra alludere alla consuetudine in uso presso i grandi designer del passato.
«La texture del lavoro – scrive Vittoria Coen – è apparentemente semplice. Il supporto è il telaio, come uno scheletro visto ai raggi; esso ci permette di vedere la struttura di un lavoro che non ha un vero e proprio recto e verso, ma può essere “fruito” da entrambi i lati. Certamente il tema del recto-verso ha affascinato diversi artisti; come non ricordare, ad esempio, le trasparenze delle installazioni di Carla Accardi o il gioco del doppio di Paolini. Qui troviamo un biomorfismo di fondo, con fiori, quadrifogli, rappresentati in modo seriale, volutamente reiterato, quasi a ricomporre un modulo formale all’infinito. L’uso degli smalti dona, inoltre, una brillantezza ad un lavoro leggero, trasparente, da scoprire a poco a poco, un lavoro vagamente Pop, e volutamente ironico, una provocazione sottile, insolita, in un panorama artistico in cui gli effetti speciali sembrano dominare la scena internazionale».
Da-Dabrith è un collettivo fondato nel 2015 da quattro artisti provenienti da Europa ed Africa. Lavorano tra Amsterdam e Berlino. Il loro motto si sintetizza nella frase «Siamo artisti, ma non pensate a noi, pensate a cosa vogliamo dirvi!».
La mostra, che sarà inaugurata sabato 16 settembre alle ore 18.00, sarà visitabile fino al 22 ottobre 2017, da martedì a domenica ore 10.00-13.00 e 16.00-20.00, chiuso il lunedì. Ingresso libero. Per informazioni: tel. 0522 435765, www.bonioniarte.it, info@bonioniarte.it, www.facebook.com/bonioniarte.
Nei mesi di settembre e ottobre la Galleria Bonioni Arte sarà presente ad Expo Arte (Montichiari, 23-24 settembre 2017), Art Parma Fair (Parma, 30 settembre - 1 ottobre e 6-8 ottobre 2017) ed ArtVerona (Verona, 13-16 ottobre 2017).